Auto in mostra all´Ara Pacis se la pubblicità entra nel monumento - La fondatrice del Fai: "È uno scempio diseducativo"
GIOVANNA VITALE
SABATO, 18 DICEMBRE 2010 LA REPUBBLICA Cronaca
L´assessore Croppi: "L´idea in sé è apprezzabile, anche se il contesto è inadeguato"
Tanti episodi, da Venezia a Milano a Palermo, dove lo spot prevale sull´arte
ROMA - Autosalone Ara Pacis. Non è l´ultima insegna di una concessionaria all´avanguardia che, per farsi pubblicità, ha pensato bene di sfruttare uno dei monumenti-simbolo della Roma imperiale. No. È la pura realtà: ovvero quel che fino a stasera chiunque può vedere visitando lo splendido altare del 9 a. C. dedicato da Augusto alla dea della Pace. E già perché all´interno della controversa teca progettata da Richard Meier, proprio a ridosso del podio che sorregge i pilastri corinzi, da un paio di giorni fanno bella mostra di sé due city car elettriche nuove di zecca, una bianca e una blu, battezzate Dany e prodotte dalla società Belumbury che, a dispetto del nome, è una casa automobilistica tutta italiana.
Voleva fare le cose in grande, l´imprenditore Stefano Maccagnani. Lui che tra l´altro si fregia del titolo di "patriota" per aver salvato Alitalia, già presidente e ad della Simmel Difesa, ex società Fiat, nonché titolare dell´azienda elettromecanica Eos, per lanciare la sua mini-car ecologica ha chiesto e ottenuto il meglio: il prestigioso museo civico nel cuore della città eterna, senza sborsare - così sostiene - neppure un euro d´affitto. E dove perciò l´altro ieri sera capitani d´industria e nobildonne, professionisti e politici, in testa Gianni Letta, si sono dati appuntamento per assistere alla presentazione della macchinetta curata da Paola Perego, con Ornella Vanoni a far da madrina. Un evento lungo tre giorni: tanto quanto durerà l´esposizione nella cornice dell´altare augusteo. Di cui persino l´assessore capitolino alla Cultura, Umberto Croppi, non sapeva nulla: «Io non l´ho autorizzato», spiega dopo aver fatto una breve istruttoria. «Mi dicono che l´evento è frutto di una sponsorship con il produttore, il quale donerà in cambio 80mila euro per la manutenzione dell´Ara Pacis. Una cosa in sé apprezzabile, anche se non mi sembra questo il contesto adeguato».
Un allestimento che spiazza pure i turisti. «Certo non ci aspettavamo di vedere due macchine parcheggiate sotto un monumento così ricco di storia», commentano uscendo Alejandro Luna e Maria Ortiz, due studenti spagnoli in gita scolastica a Roma. Lo stesso sgomento che coglie Giulia Maria Mozzoni Crespi, fondatrice del Fai, una vita spesa per salvare i tesori d´Italia: «L´idea di mettere delle auto davanti a quel gioiello di scultura mi inorridisce», esordisce con sdegno. «Ma perché dobbiamo sempre mischiare il sacro con il profano? Sono allibita che il Campidoglio abbia avallato un tale scempio e mi domando se la soprintendenza ha avuto voce in capitolo, perché non posso credere che abbia dato via libera a un orrore del genere».
D´altra parte gli esempi di uso deviato dei monumenti, piegati alle più varie esigenze di mercato, ormai non si contano più. Ci sono i cartelloni pubblicitari che in tutte le città d´arte impacchettano prestigiosi edifici storici, compreso il Ponte dei Sospiri a Venezia che di recente ha ispirato l´appello al ministro Bondi firmato da sir Norman Foster; lo stand natalizio di Tiffany in piazza Duomo a Milano; il campo di big soccer con tanto di spalti montati nel catino del Circo Massimo a Roma. «Oggi questa ideologia aziendale sta pervadendo tutto», osserva sconsolato il direttore degli Uffizi, Antonio Natale: «Non voglio correre il rischio di sembrare un passatista, cosa che io non sono, tant´è che mesi fa ho fatto montare, suscitando diverse polemiche, una scritta al neon accanto al museo che si rifletteva nell´Arno e recitava: "L´arte è sempre stata contemporanea". Gli stessi Uffizi sono nati come museo d´arte contemporanea, tutta l´arte quando nasce è presente, non passato». Eppure il tempo qualcosa conta, non tutto può essere mercificato: «Ci vuole una grande attenzione, non mi piace quando i monumenti vengono prostituiti», conclude Natale. Bisogna considerare tutte le opere d´arte, siano essere figurative o di architettura, come testi poetici. Chi prenderebbe un canto di Dante per fare pubblicità a un motorino? Con le opere d´arte o di architettura succede perché non vengono considerate opere poetiche, ma feticci del consumismo».