venerdì 16 settembre 2011

Ara Pacis &Todini, appalto preventivo

Ara Pacis &Todini, appalto preventivo
Daniele Martini
Il Fatto quotidiano 9/9/2011
Se il buongiorno si vede dal mattino, è difficile prevedere un futuro radioso per il progetto del tunnel dell'Ara Pacis a Roma, un buco di circa 600 metri che nelle intenzioni del Comune, che lo vuole a tutti i costi, dovrebbe snellire il traffico collegando sulla sponda sinistra del Tevere il ponte Cavour e il ponte Matteotti. Un mese fa il sindaco Gianni Alemanno e l'assessore all'Urbanistica dettero a sorpresa e con un sorriso a 32 denti l'annuncio che i lavori sarebbero partiti entro Natale e l'opera sarebbe stata pronta in un baleno, meno di un anno, 340 giorni al massimo, così da poterla inaugurare a ridosso delle elezioni del 2013, con grande soddisfazione dei romani elettori, naturalmente. A riprova che l'iter stava procedendo a razzo ed era partito con il piede giusto, il sindaco e l'assessore annunciarono ai giornalisti, ma non al Consiglio comunale, che la gara per l'affidamento dei lavori era stata chiusa a tempi di record, almeno per l'Italia, appena 5 mesi. E ovviamente c'era un vincitore, la ditta Todini. cioè l'azienda di costruzioni della signora Luisa, ex parlamentare europea di Forza Italia. Ma ora si scopre che non era vero, o almeno era vero ma non del tutto e che l'annuncio di Alemanno è stato azzardato, prematuro e intempestivo. La gara non è affatto conclusa e quindi il vincitore se c'è, è solo virtuale. Secondo le risultanze fornite dal sindaco, la ditta Todini sarebbe in testa perché avrebbe avanzato l'offerta migliore da un punto di vista tecnico ottenendo 87,629 punti, anche se sul piano economico avrebbe fatto meglio un'altra ditta, la Claudio Salini Grandi Lavori. Ma siccome prima di dichiarare ufficialmente conclusa una gara occorrono per legge le verifiche sulla congruità delle offerte, è più di un mese che dopo l'anomalo annuncio del sindaco proseguono i lavori sugli incartamenti presentati.
Incalzato da Carlo Ripa di Meana, presidente della sezione romana di Italia nostra, contrarissimo al tunnel, il quale aveva ufficialmente chiesto gli atti relativi alla gara sentendosi rispondere che non erano disponibili perché la gara non era ancora conclusa, il sindaco è stato costretto ad ammettere che effettivamente la gara non è finita. Anche se si è affrettato ad aggiungere che sarebbe questione di giorni, se non di ore. Ribadendo poi, in una specie di cortocircuito logico, che comunque il vincitore è la ditta Todini. Un vincitore dichiarato quindi ex ante con il risultato, magari non voluto, di impedire nei fatti ai tecnici impegnati nella valutazione delle offerte di espletare il lavoro in autonomia esponendoli a una pressione psicologica evidente in direzione di uno sbocco, l'assegnazione alla Todini, appunto, indicato dal capo dell'amministrazione comunale come avvenuto e comunque auspicato e preferibile. Non è una faccenda di lana caprina, ma di sostanza che si aggiunge a una serie di altre opacità che avvolgono la gara del tunnel. Che ci siano elementi da chiarire lo ha confermato anche la ditta Condotte di proprietà della Astaldi, terza classificata in base alla graduatoria informale fornita a suo tempo da Alemanno. Il presidente di Condotte, Duccio Astaldi, con un'iniziativa definita "né rituale né formale" ha inviato una lettera al sindaco invitandolo a fornire chiarimenti su aspetti tecnici e non secondari della gara, in particolare proprio sui contenuti dell'offerta della Todini giudicata prematuramente vincente. La ditta Todini, del resto, ormai esiste solo come marchio perché nella sostanza è una filiale della Salini costruzioni, big del mattone nazionale, terzo general contractor con un fatturato di oltre 1 miliardo di euro. Salini è una delle perle della corona delle magnifiche 13 aderenti all'Agi, l'associazione che raggruppa le grandi imprese generali diretta da Mario Lupo, formalmente una costola della confindustriale Ance, ma così potente e influente da fare spesso per conto proprio, anche contro la casa madre. La signora Todini è consigliere della Salini, presidente è Simonpietro il cui nome figurava negli elenchi della P2, mentre amministratore delegato è il figlio Pietro che è anche consigliere dell'Agi.
UN FRATELLO di Simonpietro, Francesco Saverio, pur non avendo incarichi nella Salini è uno dei maggiori azionisti dell'azienda ed è il padre di Claudio Salini, anche lui azionista della Salini Costruttori e amministratore dell'azienda Claudio Salini Grandi Lavori che si sarebbe classificata al secondo posto nella gara per il tunnel dell'Ara Pacis. Secondo gli esperti l'intreccio azionario tra parenti non inficia la regolarità della gara, ma non si sfugge all'impressione che l'affare sia stato giocato in famiglia. La Salini Costruttori è molto attiva a Roma, dove sta costruendo la metropolitana C e dichiara di avere 14,6 miliardi di lavori in portafoglio in giro per il mondo. Ha realizzato tra l'altro una gigantesca infrastruttura in Etiopia, forse la più grande di tutta l'Africa, l' impianto idroelettrico Gilgel Gibe II, un'opera costata circa 500 milioni di euro, in larga parte (quasi il 60 per cento) finanziata dall'Italia. Ad inaugurarla il 13 gennaio di un anno fa andò anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Meno di un mese dopo, il 5 febbraio, il giornale on line Ethiopian Review dette la notizia che a due settimane dalla cerimonia una parte del lungo tunnel di 26 chilometri dove erano state convogliate le acque era crollata.

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