ROMA - E all'Ara Pacis spuntano i colori
Corriere della Sera ediz. Roma, 24 settembre 2008
«L'Ara Pacis è talmente bella che rende quasi sopportabile la teca di MeieD>. Parola di Gianni Alemanno, n sindaco è intervenuto ieri sera all'esperimento, che sarà ripetuto in futuro, di colorazione virtuale del monumento di Augusto. Con lui erano presenti il direttore dei Musei Vaticani Paoluc-ci, l'assessore comunale alla cultura Croppi e il sovrintendente Broccoli.
Come tutti i marmi antichi, anche quelli dell'Ara Pacis erano colorati. Colori forti, vivi, essenziali. Oggi siamo abituati al bianco perché quei colori sono andati quasi del tutto perduti. Ma soprattutto perché è rimasta viva, dal Settecento in poi, la visione di Winckelmann, il quale sosteneva che l'arte classica tende all'idealizzazione e quindi non ha bisogno di colori, con i quali si ottiene soltanto una volgare imitazione della realtà.
Tuttavia gli archeologi, già nei secoli passati, avevano notato residui di colore nei punti più incavati e nelle zone più porose della pietra. E da tempo ormai si sa che gli artisti dell'antichità decoravano con tinte accese non solo le statue, ma anche i frontoni dei templi o i lastroni in marmo di edifici pubblici e privati. Ora all'Ara Pacis si è provato a ricostruire questi colori con la luce. La parete sud del monumento, la prima che si presenta agli occhi dei visitatori, si è animata ieri sera grazie alla ricostruzione virtuale di quella che era - o si suppone fosse - la colorazione di un tempo. Già negli ultimi anni l'allestimento del Museo aveva riaperto il problema della policromia deLl'Ara, ipotizzata nel 1938 dall'archeologo Moretti in occasione della ricomposizione della teca costruita sul Lungotevere. Ora un gruppo di esperti ha proposto un'ipotesi di colorazione che è stata tradotta in un modello digitale colorato virtualmente, in base a criterii comparativi: esame dei colóri superstiti sull'architettura e la scultura della Grecia classica, confronti con la pittura pompeiana di età augustea, valutazione del colore di mosaici tardo antichi che denunciano la conoscenza dell'Ara Pacis. Per colorare le piante e i fiori dei rilievi, è stato utilizzato lo studio delle specie vegetali eseguito dalla Facoltà di Botanica dell'Università degli Studi di Roma Tre. Sono poi state affidate ulteriori indagini sui colori ai laboratori scientifici vaticani, in grado di effettuare analisi con mezzi adeguati alla tecnologia attuale ed è stata sperimentata la possibilità di ricavare delle immagini colorate da proiettare sui rilievi dell' altare. A conclusione delle ricerche, la Sovrintendenza comunale presenterà i risultati ottenuti in due diversi momenti: una giornata di studio che sì terrà presso la Sala Conferenze dell'Ara Pacis l'ii marzo 2009 e una mostra evento in programma per dicembre 2009, nel corso della quale verrà illuminato l'intero recinto dell'Ara Pacis. Gli «attimi di luce» creati ieri (23 settembre, data particolarmente cara all'Ara Pacis in quanto giorno natale di Augusto), sono dunque il primo passo di un cammino di studio che potrebbe restituirci l'immagine di un passato, lontano, ma non perduto.
Corriere della Sera ediz. Roma, 24 settembre 2008
«L'Ara Pacis è talmente bella che rende quasi sopportabile la teca di MeieD>. Parola di Gianni Alemanno, n sindaco è intervenuto ieri sera all'esperimento, che sarà ripetuto in futuro, di colorazione virtuale del monumento di Augusto. Con lui erano presenti il direttore dei Musei Vaticani Paoluc-ci, l'assessore comunale alla cultura Croppi e il sovrintendente Broccoli.
Come tutti i marmi antichi, anche quelli dell'Ara Pacis erano colorati. Colori forti, vivi, essenziali. Oggi siamo abituati al bianco perché quei colori sono andati quasi del tutto perduti. Ma soprattutto perché è rimasta viva, dal Settecento in poi, la visione di Winckelmann, il quale sosteneva che l'arte classica tende all'idealizzazione e quindi non ha bisogno di colori, con i quali si ottiene soltanto una volgare imitazione della realtà.
Tuttavia gli archeologi, già nei secoli passati, avevano notato residui di colore nei punti più incavati e nelle zone più porose della pietra. E da tempo ormai si sa che gli artisti dell'antichità decoravano con tinte accese non solo le statue, ma anche i frontoni dei templi o i lastroni in marmo di edifici pubblici e privati. Ora all'Ara Pacis si è provato a ricostruire questi colori con la luce. La parete sud del monumento, la prima che si presenta agli occhi dei visitatori, si è animata ieri sera grazie alla ricostruzione virtuale di quella che era - o si suppone fosse - la colorazione di un tempo. Già negli ultimi anni l'allestimento del Museo aveva riaperto il problema della policromia deLl'Ara, ipotizzata nel 1938 dall'archeologo Moretti in occasione della ricomposizione della teca costruita sul Lungotevere. Ora un gruppo di esperti ha proposto un'ipotesi di colorazione che è stata tradotta in un modello digitale colorato virtualmente, in base a criterii comparativi: esame dei colóri superstiti sull'architettura e la scultura della Grecia classica, confronti con la pittura pompeiana di età augustea, valutazione del colore di mosaici tardo antichi che denunciano la conoscenza dell'Ara Pacis. Per colorare le piante e i fiori dei rilievi, è stato utilizzato lo studio delle specie vegetali eseguito dalla Facoltà di Botanica dell'Università degli Studi di Roma Tre. Sono poi state affidate ulteriori indagini sui colori ai laboratori scientifici vaticani, in grado di effettuare analisi con mezzi adeguati alla tecnologia attuale ed è stata sperimentata la possibilità di ricavare delle immagini colorate da proiettare sui rilievi dell' altare. A conclusione delle ricerche, la Sovrintendenza comunale presenterà i risultati ottenuti in due diversi momenti: una giornata di studio che sì terrà presso la Sala Conferenze dell'Ara Pacis l'ii marzo 2009 e una mostra evento in programma per dicembre 2009, nel corso della quale verrà illuminato l'intero recinto dell'Ara Pacis. Gli «attimi di luce» creati ieri (23 settembre, data particolarmente cara all'Ara Pacis in quanto giorno natale di Augusto), sono dunque il primo passo di un cammino di studio che potrebbe restituirci l'immagine di un passato, lontano, ma non perduto.
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