martedì 17 marzo 2009

Ara Pacis, la scoperta della piazza

Ara Pacis, la scoperta della piazza
Fabrizio Ciaccia
24 SET 2006, CORRIERE DELLA SERA cronaca Roma

Chi la voleva abbattere per farci un parcheggio, chi voleva portarla in periferia. E invece l'Ara-Pacis-work-in-progress firmata dall'architetto americano Richard Meier (prima apertura nel settembre 2005, inaugurazione tra le polemiche il 21 aprile 2006) procede testarda verso la perfezione. Intorno a lei, ieri, addirittura è nata una piazza. Bianchissima, sfolgorante, con una fontana d'acqua fresca e zampillante, un museo storico, un auditorium multimediale e un grande mosaico di Mimmo Paladino. Un regalo speciale, la piazza, per il compleanno («dies natalis») dell'imperatore romano Ottaviano Augusto, venuto al mondo giusto il 23 settembre del 63 avanti Cristo. Fu lui a far costruire l'Ara Pacis dopo il ritorno dalle campagne vittoriose in Spagna e in Gallia meridionale. In fondo, è sempre stato così: «Si vis pacem para bellum». Lo disse Vegezio oppure George Bush?
Il più felici, ieri mattina, erano sicuramente Walter Veltroni e Richard Meier: il sindaco di Roma e l'architetto di Newark si sono abbracciati più volte davanti a tutti. In questi mesi avevano dovuto subire gli strepiti di Sgarbi e della destra. Attacchi feroci. Battute velenose. Ma la scommessa, adesso si può dire, davanti a decine di ragazzi che succhiano il gelato, appollaiati sui muretti della fontana zampillante, è vinta: «Era una vecchia scatola impraticabile, ora tutto ha ritrovato un equilibrio. L'Ara Pacis è oggi un luogo dove la relazione con il monumento è quasi fisica», dice il sindaco.
«La realtà - aggiunge Meier godendosi il panorama dalla superba terrazza affacciata su piazza Augusto Imperatore - è sempre migliore di qualunque progetto. Tuttavia, ora che abbiamo quasi completato il lavoro, invito tutti, anche quelli che ci criticavano, a venire a vedere e a dirci schiettamente cosa ne pensano».
Veltroni è raggiante e adesso smania per mettere mano
all'ultima fase: la pedonalizzazione del lungotevere davanti all'Ara Pacis. Allora, davvero, questo luogo affascinante sarà completamente restituito alla città. «Siamo in dirittura d'arrivo - annuncia - Sta per partire il bando di gara per fare il sottopasso». E con il parcheggio del Pincio, lo promette anche allo scrittore e giornalista Mario Pirani, presente all'inaugurazione, in due anni tutte le auto andranno via dal «tridente» e il Centro diverrà un'unica, immensa passeggiata. «Mi auguro che lunedì (domani, ndr) il consiglio comunale approvi la relativa delibera - taglia corto il sindaco - Sarebbe il primo passo».
Fuori, intanto, sulla nuova piazza, comitive di turisti sfilano divertite: «É incredibile il numero di visitatori da quando l'Ara Pacis ha riaperto. Un flusso ininterrotto - sospira sollevato Veltroni - E pensare che c'era chi voleva distruggere tutto...Mah, che dire?, per avere a che fare con gli sventurati bisogna portare pazienza».
E non è finita. Perché l'Ara Pacis, raccontata ieri nell’Auditorium nuovo di zecca a un pubblico attento dal docente di Storia romana Andrea Giardina e dal sovrintendente comunale ai Beni archeologici Eugenio La Rocca, diven-terà presto anche un luogo alto della politica. Pochi giorni fa, in Campidoglio, il primo cittadino aveva invitato i rappresentanti delle diverse fedi religiose per rinnovare l'impegno di pace e solidarietà tra i popoli, dopo il putiferio internazionale scatenato dal discorso di papa Ratzinger a Ratisbona. Il sindaco adesso rilancia: «Abbiamo già pensato di organizzare qui altre occasioni di dialogo, perché l'Ara Pacis è un simbolo che si presta perfettamente».
Eppure la Pace dei Romani era una Dea terribile e sull'altare chiedeva sacrifici. La Pace dei Romani era lo statu quo. Era l'impero. «Crearono desolazione e la chiamarono pace», così racconta Tacito della guerra in Britannia. Parole da brividi. Ora, però, ciò che importa davvero è che l'Ara Pacis 2006, l'altare del terzo millennio, sarà un'altra cosa. E così anche Roma: «Una città viva - conclude Veltroni - che trasforma un monumento come era questo, separato dalla città, in un luogo attraversato dal calore degli esseri umani e dalla cultura del bello. Perché il bello c'è sempre: ieri, oggi e domani. E Roma cammina tra la storia e il futuro».
Fabrizio Caccia

Nessun commento: