L'Ara Pacis "invisibile": mosaici, terrazze e un museo
CLAUDIO MARINCOLA
Messaggero Cronaca di Roma, 16-SET-2006
Operai che svitano tubi, camion che portano via impalcature, tecnici alle prese con i collaudi, falegnami che inchiodano pannelli: Ara Pacis, ultimo atto, ritocchi finali. Poltrone Frauda installare nell'auditorium da 200 posti, prese da collaudare, infissi da fissare. Il restauro dell'altare marmoreo avviene in diretta sotto gli oc-chi dei visitatori, in media settecento al giorno, con punte di mille la domenica. Venerdì prossimo verrà sistemata la fontana esterna, una memoria del Porto di Ripetta. Entro la fine del mese il cantiere verrà smobilitato. E solo allora il complesso di Richard Meier, che pure è già stato vivisezionato dai critici, potrà dirsi interamente fruibile, anche nella parte interna, che resta chiusa al pubblico.
Nel frattempo sembra risolto anche il problema della colonna, una copia, posta all'ingresso, in cima alla scalinata che conduce all'Ara. Quella originale misurava la stessa distanza che in età augustea la separava dall'obelisco della grande Meridiana. Quella nuova verrà prelevata dal Porto di Traiano dove giace nella melma del sottofondo accanto ad antichi frammenti e capitelli. Le sale chiuse e non ancora inaugurate ora hanno una loro fisionomia. Verranno presentate alla stampa il prossimo 23 settembre. E ci sarà chi ha seguito passo passo i lavori, l'assessore all'Urbanistica Roberto Morassut, l'assessore alla Cultura Gianni Borgna, il direttore dell'Ufficio Città storica, architetto Gennaro Farina e il sovrintendente romano ai Beni culturali Eugenio La Rocca. Si tratta di spazi aperti, illuminati da grandi lastre di vetro temperato. Terrazzi, corridoi, lucernai.
Gli operai hanno quasi terminato il montaggio del grande mosaico realizzato dall'artista campano Mimmo Palatino. Alto sei metri e largo sette, Meier lo ha pensato ancora prima di realizzare il suo gigantesco involucro. «Si inserisce in un ambiente attraversato da luci e da piani sfalsati. Raffigura segni e forme che rimandano ad un mondo arcaico», spiega l'autore.
Uno spazio panoramico è la terrazza con affaccio sul mausoleo posta dinanzi al bar. Il lucernaio che ha la forma di un gigantesco comignolo fa pensare alla tolda di una nave. Il grande Rex di Federico Fellini, oppure un mostro obeso di Herzog sbarcato nel centro storico della città. E se l'esterno dell'Ara è apparso a molti so-vradimensionato, una nota stonata rispetto al contesto Augusteo, non così si può dire degli spazi interni.
Nel seminterrato sfruttando il dislivello sono stati ricavati 800 metri quadri. Costeggiano per un tratto il muro delle Res Gestae e sfruttano la luce che filtra dalle vetrate. Qui verranno collocati il museo -cori i frammenti che non furono esposti nel 19 3 8 - e la biblioteca multimediale. In altre due sale già completate potranno essere ospitate mostre temporanee.
CLAUDIO MARINCOLA
Messaggero Cronaca di Roma, 16-SET-2006
Operai che svitano tubi, camion che portano via impalcature, tecnici alle prese con i collaudi, falegnami che inchiodano pannelli: Ara Pacis, ultimo atto, ritocchi finali. Poltrone Frauda installare nell'auditorium da 200 posti, prese da collaudare, infissi da fissare. Il restauro dell'altare marmoreo avviene in diretta sotto gli oc-chi dei visitatori, in media settecento al giorno, con punte di mille la domenica. Venerdì prossimo verrà sistemata la fontana esterna, una memoria del Porto di Ripetta. Entro la fine del mese il cantiere verrà smobilitato. E solo allora il complesso di Richard Meier, che pure è già stato vivisezionato dai critici, potrà dirsi interamente fruibile, anche nella parte interna, che resta chiusa al pubblico.
Nel frattempo sembra risolto anche il problema della colonna, una copia, posta all'ingresso, in cima alla scalinata che conduce all'Ara. Quella originale misurava la stessa distanza che in età augustea la separava dall'obelisco della grande Meridiana. Quella nuova verrà prelevata dal Porto di Traiano dove giace nella melma del sottofondo accanto ad antichi frammenti e capitelli. Le sale chiuse e non ancora inaugurate ora hanno una loro fisionomia. Verranno presentate alla stampa il prossimo 23 settembre. E ci sarà chi ha seguito passo passo i lavori, l'assessore all'Urbanistica Roberto Morassut, l'assessore alla Cultura Gianni Borgna, il direttore dell'Ufficio Città storica, architetto Gennaro Farina e il sovrintendente romano ai Beni culturali Eugenio La Rocca. Si tratta di spazi aperti, illuminati da grandi lastre di vetro temperato. Terrazzi, corridoi, lucernai.
Gli operai hanno quasi terminato il montaggio del grande mosaico realizzato dall'artista campano Mimmo Palatino. Alto sei metri e largo sette, Meier lo ha pensato ancora prima di realizzare il suo gigantesco involucro. «Si inserisce in un ambiente attraversato da luci e da piani sfalsati. Raffigura segni e forme che rimandano ad un mondo arcaico», spiega l'autore.
Uno spazio panoramico è la terrazza con affaccio sul mausoleo posta dinanzi al bar. Il lucernaio che ha la forma di un gigantesco comignolo fa pensare alla tolda di una nave. Il grande Rex di Federico Fellini, oppure un mostro obeso di Herzog sbarcato nel centro storico della città. E se l'esterno dell'Ara è apparso a molti so-vradimensionato, una nota stonata rispetto al contesto Augusteo, non così si può dire degli spazi interni.
Nel seminterrato sfruttando il dislivello sono stati ricavati 800 metri quadri. Costeggiano per un tratto il muro delle Res Gestae e sfruttano la luce che filtra dalle vetrate. Qui verranno collocati il museo -cori i frammenti che non furono esposti nel 19 3 8 - e la biblioteca multimediale. In altre due sale già completate potranno essere ospitate mostre temporanee.
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