martedì 16 giugno 2009

Dopo lo sfregio si recuperi il valore dell’Ara Pacis

Dopo lo sfregio si recuperi il valore dell’Ara Pacis
Umberto Mariotti Bainchi
Libero – Roma 13/6/2009

L'imbrattamento futurista ha riportato l'attenzione sull'Ara Pacis. Inutile tornare sulla questione dell'accertata impossibilità di ambientarsi della nuova teca voluta autoritariamente da Rutelli ed opera (a mio giudizio in sé pregevole) del Meier, esponente della corrente americana dei bianchi . E’ invece il caso di tornare sul punto che aver sostituito la teca essenziale del Ballio Morpurgo con quella monumentale dell'architetto americano ha ridotto un antico monumento, nato per troneggiare all'aperto, in un pezzo da museo, tanto è vero che non si parla più di Ara Pacis, ma di Museo dell'Ara Pacis . Ma il peggio è venuto dopo. Il Museo è stato da subito usato con frequenza per ospitare mostre più disparate e che non hanno alcuna relazione con l'opera antica. Il che può portare visitatori, ma minimizza l'importanza che Roma attribuisce ad uno dei suoi monumenti più significativi. Mi si consenta una proposta. Roma possiede un'enorme quantità di reperti delle sua storia antica, molti dei quali negli scantinati, specie dopo che cinquant'anni fa rovinò l'Antiquarium del Celio per i lavori della prima metropolitana. Ora, nell'impossibilità pratica di demolire la teca Meier, se ne utilizzino gli spazi per ospitare in permanenza una selezione dl reperti storici, dalla Roma Quadrata di Romolo a quella di Ottaviano Augusto, organizzata in modo da illustrare l’evoluzione che partendo dalla capanna di Romolo e passando per la grande Roma dei Tarquini e per quella degli Scipioni culmina nella marmorea capitale Augustea. Di questa è infatti simbolo, realizzato appena qualche anno prima della nascita di Cristo e da non contaminarsi con oggetti e concetti dell'età a noi contemporanea, quell'altare della pace voluto dalla Provvidenza perché vi fosse gettato il seme da cui germogliò la nuova Roma. Di cui ogni Romano, credente e non, è a giusto titolo parimenti orgoglioso.

Arte vera, finta e vandalismi un’occhiata alla Teca di Meier

Arte vera, finta e vandalismi un’occhiata alla Teca di Meier
Roberto Pepe e Goffredo Buccini
Corriere della Sera (Roma) 16/06/2009

Caro Buccini, Giuseppe Pullara parlando di Architettura nel Corriere di Roma, riferisce che Renzo Piano ha do­vuto nascondere la propria identità a Parigi, in quanto odiato per la costruzione del famoso Beau­bourg. Ora, invece, tutti lo osannano. La tesi è che la gente comune è ignorante (artisticamente par­lando) e che l’artista, alla lunga, ha sempre ragio­ne,… a prescindere. Tale aneddoto lo espone rife­rendosi al muro (imbrattato di vernice) dell’odia­ta «officina-garage» che Meier ha costruito per av­volgere l’Ara Pacis. Qui si confonde quel sacrosan­to sentimento umano che è l’«abitudine»: quando la gente si abitua ad una bruttura tipo Beaubourg parigino o la Teca romana, incomincia a conside­rare l’opera come un fatto compiuto fisico di rife­rimento e quindi, quasi positivo. Senza entrare nell’annosa ed irrisolvibile questione di Ar­te- non-arte, abbiamo il coraggio individuale sen­za paura di apparire out-culturalmente, di affer­mare che non ci piacciono, in quanto lavori (per noi) privi di valore artistico, avulsi dall’ambiente circostante. Tutto sommato, quell'insano, depre­cabile gesto dell’imbrattamento colorato è meno esecrabile delle proteste protette dei no-global...

Caro Pepe, il mondo è pieno di commistioni felici tra panora­mi classici e buona architettura moderna. E quel suo riferimento finale ai no global (per una volta, che dia­volo c’entrano?) marchia abbastanza ideologicamen­te la sua più che legittima critica. La teca è stata vit­tima di una vera gazzarra pre-elettorale quando Vel­troni era ancora sindaco. Non mi pare, onestamen­te, un problema serio per Roma e non mi pare serio vagheggiarne lo smantellamento... La tesi non è af­fatto che la gente comune è ignorante, ma che il gu­sto si può educare. Mi scusi, ma io sto con Pullara.

martedì 2 giugno 2009

Ara Pacis imbrattata di vernice

Ara Pacis imbrattata di vernice
Fabrizio Caccia
Corriere della Sera (Roma) 02/06/2009

Lui, Graziano Cecchini, l’or­mai arcinoto tintore della Fon­tana di Trevi, giura che alle 7 di ieri mattina si trovava là, da­vanti alla teca dell’Ara Pacis ap­pena imbrattata di vernice ros­sa e verde, solo perchè sveglia­to da un amico «che tornava a casa dopo una notte brava». Presenza sospetta. E infatti, po­co dopo, alle 8 l’ha chiamato Lamberto Giannini, il capo del­la Digos: «Buongiorno, scusi Cecchini, lei che è un grande artista, può passare un attimo da noi?». Ieri, vigilia del 2 giu­gno, Festa della Repubblica, spunta il tricolore sull’Ara Pa­cis? Azione futurista in piena regola, palloncini di vernice sparati sul muro e, sotto, ap­poggiati alla parete, due pac­chi di carta igienica più la taz­za bianca di un water. È lo stes­so Cecchini a decrittare il mes­saggio: «La politica ormai è fi­nita nel cesso, mentre un’altra Italia, libera, gli vola sopra. Le frecce tricolori...». Si direbbe quasi una rivendicazione, se non fosse che Cecchini già con­dannato dalla magistratura per le sue precedenti provoca­zioni (la Fontana di Trevi tinta di rosso, il milione di palline colorate fatte rotolare giù da Trinità dei Monti fino a riempi­re la Barcaccia di Piazza di Spa­gna) non si ostinasse stavolta a proteggersi dietro ai «non c’ero ma apprezzo», «non c’en­tro ma evviva» e così via. Il so­vrintendente comunale Um­berto Broccoli giura che le tele­camere esterne al monumento hanno ripreso tutto: 5 uomini a volto scoperto che imbratta­no la teca di Richard Meier sul lato vicino alla Passeggiata di Ripetta e buttano anche del­l’anilina nella fontana, facen­dola diventare d’un Rosso Tre­vi inequivocabile: «Broccoli dev’essere daltonico - lo cor­regge però Cecchini che ora s’è pure candidato alle Euro­pee con l’Autonomia di Raffae­le Lombardo - Io passavo di là e l’acqua era diventata d’un co­lore blu Puffo...». Il filmato è stato acquisito dalla Digos e, mentre la polizia sta cercando i responsabili, si riaccende la polemica intorno alla teca. Il primo a parlare è il sindaco Alemanno, che l’opera di Me­ier, quando in Campidoglio c’era ancora Veltroni, avrebbe voluto trasferirla addirittura in periferia: «Condanno nella maniera più ferma questo ge­sto - dice - Tra l'altro proprio nel momento in cui l'assesso­re Corsini sta dialogando con Richard Meier per trovare una soluzione architettonica che migliori l'impatto...». Confer­ma Marco Corsini, assessore all'urbanistica: «Con il signor Meier abbiamo deciso una mi­gliore armonizzazione dell' opera che si definirà con l'av­vio del progetto di riqualifica­zione di piazza Augusto Impe­ratore ». Da New York, però, Meier smentisce che siano già stati presi accordi: «Non mi ri­sulta, comunque sono pronto a parlarne col sindaco in qual­siasi momento». Il sottosegre­tario ai Beni culturali, France­sco Giro, è durissimo: «Sareb­be ora di pensare all'abbatti­mento di quel muro che taglia orribilmente in due i prospetti delle due chiese di san Rocco e di san Girolamo dei Croati. Se c'è il consenso di Meier me­glio ancora, ma qui a Roma i grandi architetti non si posso­no presentare con matita e ri­ghello e deturpare il nostro pa­esaggio... ». Amareggiatissimo è il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti: «Sono mol­to preoccupato per questa escalation di degrado e vanda­lismo ». «L’offesa all’Ara Pacis è un atto dal sapore fascista», aggiunge Walter Verini, depu­tato del Pd. Un amico di Cec­chini, il critico d’arte Vittorio Sgarbi, definisce l’atto «incivi­le » ma l’appoggia: «È quello che Alemanno si meritava. Quanto accaduto dimostra la sua totale staticità e impoten­za ». L’assessore capitolino alla Cultura, Umberto Croppi, infi­ne, è convintissimo della re­sponsabilità di Cecchini: «Non c’è dubbio». Ma il danno per fortuna è stato lieve, già ripuli­to il muro: «Quello dell'Ara Pa­cis è un bianco particolare ­conclude Croppi - però ce l'avevamo in magazzino».

E la teca di Meier diventa «bandiera»

E la teca di Meier diventa «bandiera»
Sus. Nov.
Il Tempo 02/06/2009

A guardare solo l'imponente muro bianco latte «macchiato» di rosso e di verde, quasi a disegnare una bandiera italiana d'avanguardia, verrebbe da pensare che si tratta di un'opera d'arte contemporanea. Basta però allargare lo sguardo al contesto per rendersi conto che si tratta di un eclatante atto vandalico ai danni della Teca di Meier che «riveste» l'Ara Pacis augustea. Il danno viene scoperto dalla Polizia alle 5.30 di ieri mattina e sin da subito vengono allertati la polizia scientifica e il Campidoglio. In tarda mattinata le squadre dell'Ama hanno già «cancellato» la bravata e i video delle telecamere di sicurezza sono già al vaglio degli inquirenti, per l'identificazione delle cinque persone riprese mentre imbrattano la teca con dei palloncini di vernice. Ai piedi del muro sono stati trovati un water e due rotoli di carta igienica. L'«opera» sarebbe stata realizzata in pochi minuti. I vandali sarebbero infatti arrivati sul posto intorno alle 5.10. Fin qui la cronaca. Poi parte la «caccia» al responsabile. Una caccia condita dalle dichiarazioni di Graziano Cecchini, l'artista già noto per aver lanciato 500 mila palline colorate dalla scalinata di piazza di Spagna e per aver tinto di rosso l'acqua della Fontana di Trevi. Non a caso è stato il primo ad essere interrogato dalla Questura. «Intellettualmente rivendico questa bellissima azione. Dovrebbe essercene una al giorno - commenta Cecchini dopo aver simbolicamente "abbracciato" l'opera - credo si tratti della rappresentazione di un'Italia che si stacca verso l'alto (coi palloncini) e verso il basso (water). Forse la gente si è stufata dell'Italia delle Veline». E se Cecchini prende le distanze e sposa l'opera solo «intellettualmente», poco più tardi è l'assessore capitolino alla Cultura, Umberto Croppi a indicare proprio lui come responsabile. Ad incrementare i sospetti su Cecchini la vernice «rossa Trevi», ricorda il soprintendente capitolino ai Beni culturali, Umberto Broccoli che spiega: «Hanno gettato anilina nella fontana del complesso dell'Ara Pacis tingendola di rosso, lo stesso colorante usato per la Fontana di Trevi, che i restauratori hanno subito rimosso, poi con palloncini pieni di vernice hanno imbrattato il muro bianco con quell'affresco». Indizi importanti certamente, ma non sufficienti. A poliziotti e magistrati la parola finale, che arriverà probabilmente già nei prossimi giorni. La bagarre politica, invece, scoppia immediatamente. La condanna all'atto vandalico è, ovviamente, unanime. Ma sotto campagna elettorale anche un atto vandalico può ben diventare occasione di attacco politico. Ecco allora che non basta la ferma condanna del sindaco Alemanno, arrivata poco dopo la «scoperta». «Non saranno il teppismo e le azioni vandaliche a condizionare il dibattito sugli interventi architettonici e monumentali della città - sostiene Alemanno -. Condanno nella maniera più ferma questo gesto vandalico che ha deturpato la teca di Meier che custodisce l'Ara Pacis. Tra l'altro questo avviene proprio nel momento in cui l'assessore Corsini sta dialogando con Richard Meier per trovare una soluzione architettonica che migliori l'impatto urbanistico della teca». A ribadirlo è poi lo stesso Corsini che dopo aver definito «idioti» i protagonisti degli atti «barbarici», ricorda di come si sia già concordata con l'architetto Meier «una migliore armonizzazione dell'opera». Ma non basta e il Pd parte all'attacco. Così se l'ex capo gabinetto di Veltroni, il deputato Pd, Walter Verini definisce l'atto vandalico «frutto della violenza culturale della destra romana», l'ex assessore alla Cultura, Silvio Di Francia chiede «autocritica» alla campagna di Alemanno contro la Teca. L'ex capogruppo capitolino Pd, Pino Battaglia se la prende con l'inefficacia della videosorveglianza che Alemanno vuole potenziare. Una bagarre a parti inverse. Il 19 ottobre 2007 l'acqua della Fontana di Trevi venne colorata di rosso; il 16 gennaio 2008, 500 mila palline colorate vennero lanciate dalla scalinata di Trinità dei Monti. In quelle occasioni, per l'allora centrosinistra al governo della città si trattò «soltanto» di atti sconsiderati di un'artista contro il «sistema».

Sfregiata con la vernice la teca dell´Ara Pacis

Sfregiata con la vernice la teca dell´Ara Pacis
PAOLO G. BRERA
La Repubblica (Roma) 02/06/2009

Un attacco futurista all´Ara Pacis con palloncini gonfiati di vernice rossa e verde scagliati contro i muri bianchi della Teca di Meier, e con la tazza di un water e due scatoloni di carta igienica da 40 rotoli posati tra gli schizzi di colore piovuti sui sampietrini. È accaduto ieri prima dell´alba, e per tutto il giorno sono volate alte le polemiche sulla più contestata tra le nuove architetture romane.
Le telecamere fisse hanno ripreso cinque persone a volto scoperto e sul filmato sta lavorando la Digos. La polizia scientifica ha effettuato rilievi, e la magistratura ha aperto un fascicolo. Mentre la vernice è stata "lavata" nel pomeriggio. Nessuno ha rivendicato il gesto, e non ci sono testimoni. Tuttavia è arrivata forte e immediata la «rivendicazione culturale» di Graziano Cecchini, il neo futurista che tinse di rosso l´acqua della fontana di Trevi e fece piovere su piazza di Spagna una cascata di palline colorate: «Intellettualmente - dice di prima mattina - rivendico questa bellissima azione. Dovrebbe essercene una al giorno, è un gesto alto in questa città in cui non si muove nulla. Spacca quella gran frecciata bianca della Teca. Tutti danno la colpa a Meier, ma non ne ha alcuna: la responsabilità è di chi lo ha chiamato, invece di portare l´Ara Pacis a San Lorenzo in Lucina, in una bella teca di plexiglas».
«In campagna elettorale - continua attaccando sindaco e giunta - i nuovi governanti della città avevano annunciato un intervento sull´Ara Pacis, ma non hanno fatto nulla. Qualcuno ha deciso di ricordarglielo. Lo dico sempre: una macchia di colore vi seppellirà». Vandalica o futurista, l´azione ha conquistato una valanga di stroncature: per Alemanno è un «gesto irresponsabile e idiota»; per Walter Verini (Pd) «un´offesa alla cultura e alla creatività, e un atto dal sapore fascista e volgare»; per l´assessore alla Cultura Umberto Croppi «una cosa insignificante che non dimostra forza critica ma povertà di idee». Ancora più duro il sovrintendente, Umberto Broccoli: «È un atto grave, inutile, dannoso e incivile. Vogliono pubblicità? Si buttino al fiume colorandolo con la loro amata anilina, così lasciano pure una bella chiazza rossa come il loro sangue». Tutti d´accordo, tranne uno: Vittorio Sgarbi. «Imbrattatura e water sono la giusta protesta per le promesse non mantenute da Alemanno, che non ha neanche eliminato l´inutile e insultante muretto che impedisce la visione della facciata della chiesa».
Quanto all´attribuzione, «quando sono arrivato Cecchini era già lì», avverte Broccoli. E Croppi rilancia: «Non c´è dubbio: è stato Cecchini. Da tempo si parlava di un suo imminente gesto eclatante». Ma lo sfregio di colore ha scatenato bagarre: «Non saranno il teppismo e le azioni vandaliche - dice il sindaco - a condizionare il dibattito. Tra l´altro l´assessore Corsini sta dialogando con Richard Meier per migliorare l´impatto urbanistico della teca». Eppure, quella Teca che Alemanno promise di rimuovere e poi annunciò di voler ridimensionare (limandone il muraglione) piace terribilmente a Croppi: «È un compimento delle linee architettoniche di Terragni - dice il suo assessore e consigliere strategico - il più bravo tra gli architetti del fascismo: leggerezza, strutture bianche, molto vetro. Di fronte al nuovo si generano sempre fenomeni istintivi di opposizione, ma l´Ara Pacis era un monumento sconosciuto ai romani e soffocato dalle auto, e oggi ci vanno 300mila persone l´anno». Sarà, ma per il sottosegretario Francesco Giro (Pdl) «sarebbe ora di abbattere quel muro che taglia orribilmente in due i prospetti delle chiese», e per Fabio Rampelli (Pdl) «la madre di tutti i vandalismi è l´abbattimento della teca di Morpurgo».