martedì 5 maggio 2009

Portoghesi: «Ara Pacis peggio di Punta Perotti»

Portoghesi: «Ara Pacis peggio di Punta Perotti»
Giuseppe Pullara
CORRIERE DELLA SERA - cronaca Roma, 21 GIU. 2006

L'architetto (con lunga storia a sinistra) riceve i complimenti di Sgarbi: «Bravo ma mi hai copiato»

Pur non arrivando a considerarlo un «ecomostro», Paolo Portoghesi, storico dell'arte e architetto del post-modern, giudica il nuovo museo dell'Ara Pacis «peggio di Punta Perotti», l'immenso scheletro di cemento buttato giù con la dinamite a Bari le scorse settimane. Anche se mostra «rispetto» per Richard Meier, progettista del museo, l'autore della Moschea romana parte all'attacco — pur con un lungo passato a sinistra — del monumento-simbolo delle amministrazioni Rutelli e Veltroni. Sul numero in edicola dì Casabella già altri noti architetti a sinistra (Carmen Andriani, Paolo Desideri, Francesco Careri) hanno pesantemente criticato il museo di Meier (autoreferenziale, ipertrofico, senza rapporto con la città barocca). Lo stesso Franco Purini esprime riserve, pur riconoscendo all'edificio «il merito di aver riaperto il dialogo tra antico e moderno».
«Purtroppo Meier — spara Portoghesi — è poco sensìbile al rispetto del contesto storico. Per sembrare il più "romano" possibile, all'Ara ha dovuto costruire muri spessi un metro, una scelta infelice che ha peggiorato l'insieme». L'architetto Tornano, nel 3005 firmatario di un appello a Ciampì contro il continuo ricorso dei committenti italiani ai progettisti stranieri, sostiene che «almeno Punta Perotti aveva una legittimità: era previsto dal Piano regolatore». Ma lo storico del Barocco se la prende anche con un collega romano, Fuksas: «La sua Fiera a Milano è una cosa monotona, del tutto priva di vivacità». Sgarbi, che affiancato dal concorrente di Veltroni Alemanno, aveva già attaccato Meier, gongola: «Bravo Portoghesi, ma mi hai plagiato». Liaisons politicamente dangereuses?

La teca di Meier vista da Fausto «artista urbano»

La teca di Meier vista da Fausto «artista urbano»
Francesco Careri
l’Unità Roma, 30-GIU-2006

CASABELLA Architetti romani a confronto sul museo dell'Ara Pacis
Casabella di giugno pubblica un dossier critico sul museo dell'Ara Pacis con le opinioni a confronto di alcuni importanti architetti romani: Carmen Andriani, Paolo Desideri, Franco Purini, Francesco Careri. Pubblichiamo parte dell'intervento di Careri perché inserisce nella vicenda il punto di vista di un singolare artista, Fausto Delle Chiaie, che di piazza Augusto Imperatore ha fatto il suo atelier e il quo «salon». In questi anni di cronache romane noi siamo andati spesso a cercare Fausto Delle Chiaie ma non siamo stati fortunati, abbiamo trovato le sue opere ma non abbiamo incontrato lui. Volentieri, dunque, raccontiamo di questo personaggio attraverso Careri.



Il creativo «custode» di piazza Augusto Imperatore «Farò un elenco degli aspetti positivi dell'opera».

«STO LAVORANDO per una Roma migliore, mi scuso per i lavori in corso. Grazie», e qualche passo più in là «Questo museo chiude alle ore 20, mentre i bagni fanno orario continuato». Piazza Augusto Imperatore, pieno centro turistico di Roma, ma anche luogo marginale e di passaggio, un retro della città barocca. I messaggi non sono quelli del cantiere di Meier, ma biglietti scritti a mano e lasciati sul travertino da Fausto delle Chiaie, artista e poeta urbano che dal 1989 è il custode, il curatore e l'opera di questo angolo di Roma. Se non piove lui è sempre lì al suo museo all'aperto, esattamente tra il Mausoleo di Augusto e l'Ara Pacis, proprio di fronte al nuovo museo di Meier. La presenza di Fausto appare lentamente, con piccoli indizi, «infra-azioni», come le chiama lui, «azioni-collocazioni-donazioni di una o più opere alla città o a singoli cittadini». Approfitta delle macchie sui muri, delle fessure, degli accidenti del quotidiano e da diciassette anni convince con quel luogo, lo svela ai passanti con poesia. Con generosità regala un'emozione, ribalta i punti di vista, si appropria dei fenomeni e li sottolinea, li rende evidenti attraverso piccoli interventi : «Pie e Nic», due statuette che banchettano con i rifiuti abbandonati dai turisti; «scalzo», un paio di scarpe da cui lunghissime gambe disegnate a terra ci portano fino all'artista seduto a piedi nudi; «torno subito», un biglietto con accanto un mozzicone di sigaretta; «soste a caro prezzo», uno scheletro di bicicletta parcheggiata a cui è stato rubato tutto; «Ara Pacis com'era - as it was», una foto sgualcita della teca di Morpurgo; «signori in coperta», dedicato ai senza cespuglio», «informazioni», «sala d'attesa», «la scultura è all'altro lato». Del nuovo museo Fausto dice: «Penso che più si alza Meier e più si abbassa Augusto... Il giorno dopo l'inaugurazione (quella di settembre 2005) Meier ha visto le mie opere, io gliene ho regalata una... Farò un'opera sulla teca, un semplice elenco delle cose positive. Gli altri scriveranno le negative...». (...) I1 grande palazzo bianco si affaccia sulla più importante strada di Roma, il Lungotevere dei romani, che lo attraversano quotidianamente e che hanno seguito il cantiere, le polemiche politiche, le prese di posizione demagogiche e le discussioni obsolete: l'incarico diretto e senza concorso data dalla Giunta Rutelli a Meier, i costi lievitati del 266 per cento, le correzioni delle cosiddette commissioni di esperti, il rapporto tra antico e moderno, l'imbalsamazione del centro storico, le lezioni bon ton di Leon Krier e del Principe Carlo, la scelta offensiva delle star internazionali al posto degli architetti italiani e via di seguito. Il museo .è stato battezzato «la pompa di benzina», «la pizzeria di Dallas», «l'ecomostro di Roma» (finalmente qualcuno che prende il posto di Corvìale!). Da una parte non si può che essere soddisfatti dello sdoganamento dell'architettura contemporanea nel centro di Roma (le altre opere griffate sono tutte fuori le mura), dall'altra parte quello che più colpisce e rattrista è l'inutilità dell'intera operazione e la propaganda politico-spettacolare con cui la si è portata avanti.
Qui infatti non c'era veramente nessun problema da risolvere, nessuna urgenza, nessuna necessità. L'oggetto che ha generato il tutto non è infatti l'Arco di Costantino, che è sempre stato lì accanto al Colosseo e che nessuno si immagina di coprire con una teca, ma un ricomponimento novecentesco che contiene i bellissimi bassorilievi originali trovati nelle fondazioni di palazzo Fiano a via del Corso e i calchi di quelli ancora oggi incastonati nella facciata di Villa Medici. Dunque nessuna necessità di mantenerlo «dov'era com'era». Se proprio si voleva rimuovere l'obsoleta teca di Morpurgo si sarebbe potuto spostare l'originale in un museo e sostituirlo con un calco aprendo al pubblico il bel basamento sul Tevere. Insomma, al principio conservazione non valeva probabilmente la pena impegnare le risorse che sono state spese. Su un problema inesistente si è voluto costruire un caso, una battaglia per l'architettura (battaglia giustissima, soprattutto in Italia e soprattutto a Roma) ma in questo caso sicuramente ingiustificata, una battaglia gratuita che non fa bene all'architettura che dovrebbe essere il mezzo più intellisente e necessario per risolvere un problema altrimenti impossibile. Dispiace allora che un architetto quando i1 problema è mal posto non assuma una posizione critica, responsabile ed etica, e approfitti invece di una politica da avanspettacolo che attraverso l'architettura copra operazioni squisitamente commerciali, in questo caso una grande trappola per turisti. Meier avrebbe potuto mettere la sua intelligenza a disposizione del suo committente e invece ha ceduto alla tentazione di porre la propria firma nell'inviolabile Città Eterna. «Più si alza Meier e più si abbassa Augusto» dice con candore Fausto delle Chiaie, ed effettivamente chi è più mortificato è quel meraviglioso tumulo etrusco che il restauro fascista ci ha consegnato in una visione romantica di cipressi, rovi, vagabondi e turisti. I1 punto di vista fenomenologico di Fausto è forse quello più appropriato per osservare il progetto di Meier, un punto di vista curioso per come diventerà questo luogo, al di sopra e al di fuori delle polemiche e delle letture accademiche. Non si può non ammettere infatti che in alcuni momenti il paesaggio qui era diventato veramente interessante, con montagne di sabbia, impalcature, gru e immense distese di materiali edili. Veniva in mente che ci si sarebbe potuti fermare lì, che quella sarebbe potuta essere la sua immagine finale, un territorio in continuo divenire. Adesso tutto sta tornando al più che prevedibile, alla commercializzazione della storia e all'uso turistico-elettorale dello spazio pubblico. Ma sarà interessante assistere alle dinamiche che inevitabilmente il museo riuscirà ad innescare, ai rituali notturni che si celebreranno sulla scalinata, sempre che non verrà chiusa da cancellate come tanti spazi cittadini. Forse arriveranno abitanti imprevisti come la comunità di skaters che si è appropriata del MACBA a Barcellona, vi si riuniranno comunità di stranieri, gli altromondisti lo trasformeranno in un rinnovato simbolo di Pace o sarà branché come i caffè che si affacciano sulla piazza. Per dare un giudizio definitivo si dovrà aspettare dunque che il nuovo museo sia aperto, che sia inaugurata la nuova piazza, attualmente a concorso, il sottopassaggio e l'affaccio sul fiume. Bisognerà allora andare a leggere la lista delle cose positive che Fausto compilerà sulla teca di Meier e vedere se ci saranno ancora i «signori in coperta» magari al riparo dei nuovi piani diafani. «Pic e Nic» con banchetti di nuovi turisti, la busta di plastica volata sul cespuglio e quel bellissimo biglietto: «qualora sorgessero incomprensioni di qualsiasi natura, il visitatore è pregato di rivolgersi anche per eventuali reclami direttamente all'artista».
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Chi ha studiato architettura a cavallo degli anni Novanta incontrava le opere di Fausto delle Chiaie andando alla Facoltà di Fontanella Borghese e i coccodrilli metallici di Paolo Baggioni, altro importante artista urbano, andando alla Facoltà di via Gramsci, si coglie l'occasione per ringraziarli entrambi per le loro lezioni. Parte del «manifesto infrazionista» del 1986 è pubblicata su htt://www.carthusia.net/limen/ fausto-delle-chiaie.htm. Nell'impossibilità di trovare l'artista durante la stesura dell'articolo, le dichiarazioni dell'artista sono tratte dai siti
http://raffaelloarte.blog.excite.it/. http://casettibooks.com/GAL-LER-l.HTM
http://claudiotesta.blog.excite.it/ permalink/319678. http://www.giuliomozzi.com/ar-chives/2004/08/un-poeta-urbano. html.