giovedì 22 dicembre 2011

Il vestito nuovo dell’Ara Pacis

Il vestito nuovo dell’Ara Pacis
Roberto Cotroneo
sabato 24 settembre 2005 L'Unità
A un certo punto, saranno state le quattro del pomeriggio, d’improvviso si è alzata una nuvola di polvere bianca per tutto il cantiere, una nuvola che il sole romano del pomeriggio ha acceso di un colore strano, che sembrava provenisse dai secoli passati. Così i caschi degli operai, rossi per la maggior parte, e bianchi per alcuni, sembravano delle macchie bizzarre, l’unica forma di modernità in un panorama di grigi, bianchi, di marmi antichi e di marmi moderni. Stiamo parlando del cantiere dell’Ara Pacis, a Roma. Uno dei monumenti più importanti della capitale,ma anche una delle storie più strane, più lunghe e più controverse dell’archeologia. Stiamo parlando di quello che dovrà essere uno dei fiori all’occhiello della giunta di WalterVeltroni. Il nuovo padiglione per l’Ara Pacis, la nuova area dell’Ara Pacis, progettata e realizzata da Richard Meier. Chiusa ai visitatori da quasi dieci anni. Pronta a essere restituita al mondo dopo mille controversie e troppe, davvero troppe polemiche, che arrivano fino a oggi.
Già domani (oggi per chi legge) è previsto un sit-in di Italia Nostra, contro quello che viene già definito lo scatolone di Richard Meier. E non finirà qui. Perché nelle questioni di lana caprina, nelle polemiche senza senso e senza paradigmi siamo tutti specializzati. E dire che l’Ara Pacis è un giallo archeologico e culturale di quelli che affascinano, perché dura da decenni, e comprende tutto: politica, archeologia, soprintendenze, l’idea dei monumenti, modernismo e classicismo, zenit e nadir, giorno e notte.

Vediamo di ricostruirla davvero. Non è proprio scontato che tutti sappiano cosa sia l’Ara Pacis. A orecchio, dato il nome, e il luogo dove sta, è un monumento romano. Esatto. Per essere doverosamente più precisi, tutto comincia il 13 a. C., anno in cui Augusto torna a Roma dopo tre anni di guerre in Gallia e nella penisola Iberica. Il 4 di luglio di quell’anno il Senato romano decretava la costruzione di un altare per la pace Augustea, da collocarsi in un’area alla fine della via Flaminia adiacente al Campo Marzio settentrionale.

Proprio dove sta oggi. Un altare sacrificale davanti, il mausoleo di Augusto dietro, e un Horologium solare, l’horologium di Augusto, che il giorno 23 di settembre, compleanno di Augusto, attraverso uno gnomone della meridiana che non era altro che l’obelisco che oggi tutti possono vedere in piazza Montecitorio, proiettava una linea equinoziale che attraversava tutta la meridiana e finiva dritto dritto dentro l’Ara Pacis.

Come effetto propagandistico non era male, e i romani in questo erano deimaestri. Naturalmente tutto il complesso, compresi i mosaici, le mirabili sculture, i segni zodiacali in bronzo, i sentieri di travertino, e il fiume Tevere, era un luogo di grande suggestione e molto importante. Fitto di significati simbolici, soprattutto per le sculture che fregiano sia l’esterno che l’interno dell’Ara Pacis. Solo che l’idea che noi abbiamo dell’archeologia è assai moderna. E assai lontana dall’idea che si è avuta per il resto dei secoli. L’Ara Pacis viene proprio dimenticata e finisce interrata dal limo del Tevere, dalle inondazioni e dall’oblio. Finché nel 1568 dalle fondamenta di Palazzo Peretti vengono estratti nove grandi blocchi di marmo scolpiti da entrambi i lati. Non sanno che farci, non sanno che cosa sono. Prendono una sega, li tagliano e poi, visto che è marmo scolpito, vendono tutto al Granduca di Toscana, che lo dà agli Uffizi. In seguito un altro pezzo finisce al Louvre, mentre i festoni del recinto arrivano a Villa Medici a Roma, dove vengono murati sulla facciata interna. Ordinaria amministrazione. O quasi. Nessuno capisce che roba sia quella. Pezzi romani, blocchi romani. Stop.
Bisogna aspettare la fine dell’Ottocento perché un archeologo tedesco, che si chiamava Friedrich von Duhn, spieghi che quei blocconi di marmo meraviglioso e che nessuno ha mai rimesso assieme sono l’Ara Pacis di Augusto. E si devono aspettare i primi anni del Novecento perché Eugen Petersen faccia anche un’ipotesi,ma solo un’ipotesi, di ricostruzione. Come si direbbe al cinema. Stacco. E arriviamo di corsa al fascismo. Siamo nel 1937.Romaè in pieno delirio da impero. Gli architetti del fascismo sono operosi e fortemente motivati. L’idea non è soltanto di esasperare l’idea della romanità che il fascismo posticciamente si inventa per tutto il tempo del Regime, ma anche di considerare quella romanità come una vera e propria esperienza estetica. Roma non è più una città contaminata da migliaia di opere d’arte di ogni epoca e di ogni tipologia che convivono una accanto all’altra e persino una sull’altra. Roma è un museo di contemplazione. Roma è il luogo dove si ammirano grandezza emagnificenza. Così San Pietro trova la sua passerella di via della Conciliazione, e i Fori ritrovano uno splendore ideologico con l’apertura della grande via. È un paradigma come un altro. Discutibile come tanti altri. Certo, fortemente ideologico, ma anche decisamente moderno. Non recupera quello che c’era, inventa gli spazi, ed esaspera l’idea che le rovine antiche non siano quel che rimane di una città,ma abbiano una coerenza estetica anche solo in quanto rovine. Dunque non vanno vissute nella quotidianità ma vanno guardate con l’ammirazione che si deve a qualcosa di sacro e di assoluto. Buon per loro. Anche perché a questo si aggiunge un altro problema. I fascisti non erano ossessionati soltanto dalla mistica, ma anche dalle ricorrenze. E si sa, anche dal culto del passato. Il 1938 è data importante: sono duemila anni dalla nascita di Augusto, e per il fascismo, che è finalmente arrivato all’impero non c’è occasione migliore di questa. Fino a quel momento, fisicamente, l’Ara Pacis non esiste. Da quel momento si decide che esisterà. Per prima cosa si recuperano più frammenti possibili là sotto. Sperimentando tecniche all’avanguardia, visto che buona parte di quel marmo stava immerso nelle falde acquifere del Tevere. Poi, tra il giugno e il settembre del 1938, Giuseppe Moretti, grandissimo archeologo, ricostruisce il grande altare. Mancano i pezzi del Louvre, che non vengono restituiti, e mancano i fregi che stanno a Villa Medici, che sono anche quelli dei francesi, e anche quelli non vengono restituiti. Pazienza. Ma l’operazione riesce bene. Dopo 1800 anni, anno più anno meno, l’Ara Pacis torna a esistere. Certo,ma dove? E qui viene il bello. Nel 1938 decidono che deve stare là, dove è sempre stata. Davanti al Tevere. Solo che gli argini hanno cancellato il porto di Ripetta, della Meridiana neanche l’ombra, lo gnomone che sembrava un effetto speciale degno di Spielberg, segna ombre ormai soltanto sul palazzo di Montecitorio, che ai quei tempi era soltanto «un’aula sorda e grigia ».
E non è che si può rimettere in piedi quel prodigio iniziatico, la rappresentazione della Tellus, della Terra madre, la divinità femminile con in grembo due fanciulli, la Venere genitrice, la volta celeste dei bronzi, e tutti i simbolismi dei fregi dell’altare. Là c’è il lungotevere, l’area non esiste più e non puoi certo lasciare l’altare alle intemperie. Così chiedono all’architetto Ballio Morpurgo, di inventarsi una cosa. E Morpurgo si inventa una cosa banale, e vagamente ragionevole: un contenitore, dove evitare che l’Ara si prenda la pioggia, il vento e poco più. Peccato che se metti un altare sul lungotevere, in una città come Roma, finisce che lo distruggi.

Dal 1938 le macchine sono diventate centinaia di migliaia, l’inquinamento, l’umidità del Tevere rischiavano di uccidere l’Ara Pacis. A quel punto nel 1996 viene affidato dalla giunta Rutelli all’architetto Richard Meier il compito di sistemare in modo più consono l’Ara Pacis. Meier è uno che non si è mai occupato di monumenti romani, ha lavorato in tutto il mondo, ma in posti come Las Vegas, ha costruito palazzi sedi di reti televisive, e forse non è praticissimo di siti archeologici. Non è detto che sia un male. E a vedere il cantiere quasi finito ieri, si può dire con decisione che è stato un bene.
Perché l’area dell’Ara Pacis è davvero bellissima. Ma dalle contraddizioni non si esce in nessun modo. L’equivoco sta nella filologia archeologica, o nell’archeologia filologica, che pretende di inventare quello che non esiste più, e non è quasi mai esistito.Quella non è più l’area di Augusto, di quell’area non c’è più nulla, e il valore storico dell’Ara Pacis in quel luogo viene dal fascismo, non dalla romanità. Se l’Ara Pacis fosse stata ricostruita nei musei Capitolini, in una sala enorme, ci saremmo tutti abituati da sempre a vederla là. Si è deciso che l’Ara Pacis doveva rimanere nel sito, interpretando un’ideologia del feticismo dei luoghi che il fascismo alimentava. Poi le cose rimangono. Il bravo Meier ha fatto un miracolo, un miracolo come la piramide del Louvre, che ha molto a che fare con il museo di Parigi, anche se è di cristallo.
Poi, certo, il contentino è stato dato a un sacco di gente. Hanno voluto una fontana accanto, in ricordo simbolico del porto di Ripetta?Epassi la fontana. Altri hanno chiesto il piccolo auditorium?E perché no.
E soprattutto c’è il progetto del sottopasso del lungotevere che trasformerà quella zona in una zona pedonale, come fosse una passeggiata archeologica tra vetro emarmo. Con il senno di poi avevano ragione tutti. Sgarbi, Urbani, Rutelli, Veltroni, Borgna, i sovrintendenti che si sono succeduti. Ognuno terrorizzato da un’idea archeologica che sta al buon senso come il sudoku sta alla fisica teorica. Solo i fascisti pensavano che Augusto dovesse rivivere lì, il giorno del suo due millesimo compleanno. Noi che abbiamo superato tutte le distorsioni imperiali ed estetiche di quel mondo, stiamo ancora a farci la stessa domanda.
Tenuto conto della quantità di smog, e di cosa è diventata Roma, come si poteva lasciare là un capolavoro della scultura di tutti i tempi senza farlo sbriciolare? L’eccellente Meier ha fatto un lavoro che finirà nei libri di architettura. Per il resto da oggi li facciano questi sit-in, per quel che servono. Ma se vanno a farli sotto l’Ara Pacis si ricordino che l’area è sacra e delicata. E soprattutto che è il compleanno di Augusto. E dunque che sia un sit-in, ma con le candeline, 2067 candeline, per essere precisi...



INAUGURATA IERI, nel giorno del compleanno dell’imperatore Augusto, la teca che protegge il monumento romano, prima opera «svelata» della struttura progettata dall’architetto americano Richard Meier

Limitare i danni causati dallo «scatolone di Richard Meier», promuovere da oggi in poi la consultazione dei cittadini prima di operare nel centro storico, inviare una lettera al ministro dei Beni culturali, Rocco Buttiglione, perché venga Ricostituita una commissione ad hoc.
Sono gli obiettivi della protesta di Italia Nostra contro il riassetto dell'area dell'Ara Pacis firmata da Richard Meier.
A questo scopo, ieri, l'associazione ha allestito in piazza del Porto di Ripetta,a poche decine di metri dal cantiere, un banco per la raccolta di firme.
Secondo i promotori. «la struttura di Meier, lunga più di duecento metri, è sproporzionata rispetto alle dimensioni del monumento.
Svilisce il patrimonio archeologico: durante i rilievi, che sono stati colpevolmente effettuati dopo l' inizio dei lavori, sono emersi resti di età augustea che lasciano intendere che l' area del mausoleo di Augusto si affacciava direttamente sul fiume. Qui c'era il Porto di Ripetta, e se ne è perso il valore storico». Dello stesso avviso l’architetto inglese Leonor Krier, che accusa il «modernismo»di Meier: «Dovrebbe lasciare spazio a chi è davvero esperto di centri storici».

Ara Pacis, bufera su Vettroni e Meier

Ara Pacis, bufera su Vettroni e Meier
Daniele Petraroli
Il Giornale - cronaca Roma 24/9/2005
Inaugurata ieri pomeriggio la mastodontica opera di Richard Meier tra le polemiche di Alleanza nazionale e Italia nostra. Per l'architetto Giuseppe Strappa si tratta di «un'astronave calata sul lungotevere». Militanti di An hanno manifestato travestiti da centurioni romani. «D'ora in poi Augusto non riposerà più in pace», per il consigliere municipale Alessandro Cochi. «Si tratta del peggiore scempio urbanistico che Roma ricordi», secondo il consigliere capitolino Marco Marsi-
lio. Il Comune, intanto, ha annunciato un bando di concorso internazionale per risistemare interamente piazza Augusto imperatore dopo le critiche piovute da più parte al nuovo «contenitore» del mausoleo di Augusto. Sul fronte giudiziario, la Procura della Corte dei conti ha impugnato la sentenza che lo scorso dicembre aveva assono tre funzionari capitolini, due sovrintendenti e un assessore della Giunta Rutelli.


Dopo quasi dieci anni di polemiche è arrivato il momento dell'inaugurazione. Meglio della pre-inagurazione in salsa elettorale. L'Ara Pacis verrà aperta, infatti, solo il 21 marzo prossimo. Per il momento l'hanno potuta vedere solo giornalisti e «corte dei miracoli» del sindaco. Dal primo weekend di ottobre (1 e 2), invece, cominceranno le visite guidate previa prenotazione.
Dentro, sorrisi e complimenti al sindaco e all'architetto Meier, autore dell'opera; fuori la contestazione, prima di «Italia nostra», poi di Alleanza nazionale. «Siamo contro questa vera e propria invasione barbarica - ha spiegato il professor Antonio Tamburrino, consigliere di Italia nostra - come disse Federico Zeri, "Meier conosce Roma antica come io conosco il Tibet". Quest'opera non ha alcun tipo di rapporto con l'Ara Pacis. Ingabbiata in questo scatolone perde il significato simbolico che aveva. In più va a interferire con ciò che si vede, le chiese e il prospetto di palazzo Massimo, e con ciò che non si vede, il porto di Ripetta e la struttura che collegava il mausoleo d'Augusto al fiume. La nostra battaglia, comunque, è solo all'inizio». Ancor più duro il giudizio dell'architetto Giuseppe Strappa: «È un'astronave calata sul lungotevere. Non ha alcun rapporto con la tradizione romana».
Più colorita la protesta di An. Una cinquantina di militanti vestiti da antichi romani hanno protestato contro la mastodontica opera. Tra loro anche un redivivo Augusto, «risorto» nel giorno della sua nascita (proprio il 23 settembre) per scagliarsi contro il sindaco e l'architetto, che hanno costruito «una pompa di benzina sull'altare mio spendendo 15 milioni di euri. Veltroni ma chi sei? Er fijo de Attila?».
«La giunta sta inaugurando il peggior scempio architettonico e urbanistico che Roma ricordi» per il consigliere comunale Marco Marsilio. «D'ora in poi Augusto non riposerà più in pace -per Alessandro Cochi, consigliere in I municipio -. Dovremmo comprarci e custodire gelosamente una cartolina di com'era l'area fino a poco tempo fa. Questi signori avranno un bel peso sulla coscienza». Manifestazione conclusa con un vero e proprio blitz del consigliere municipale Federico Mollicone all'interno dell'area recintata che ha rischiato di rovinare la festa di Veltroni.
«Le polemiche sul piano culturale vanno bene, questo no», la risposta del sindaco comunque soddisfatto per l'ennesima passerella elettorale tra sorrisi e strette di mano. «Tutto è partito con l'obiettivo di salvare l'Ara Pacis - ha continuato Veltroni - che nella teca di Morpurgo era in condizione di pericolosità». Perplessità, però, devono essere venute anche all'amministrazione capitolina che ha deciso proprio ieri mattina di indire un bando di concorso internazionale per risistemare interamente piazza Augusto imperatore. «In due o tre anni speriamo di fare tutto. La piazza già era asimmetrica, ora deve ritrovare la sua armonia», ha ammesso infine il sindaco. «Troppo tardi -è la risposta di Marsilio - ormai il danno è fatto. Adesso su piazza Augusto Imperatore c'è una ferita non rimarginabile, un segno violento e fuori contesto del quale purtroppo sarà impossibile non tenere conto nella progettazione dell'intera piazza».
Polemiche a non finire, dunque. Secondo l'architetto Leon Krier, docente alla Princeton University, quella di Meier è «una vera e propria dichiarazione di guerra ai centri storici». Inattesi complimenti alla mastodontica opera (200 metri di lunghezza) arrivano invece dal principe Sforza Ruspoli: «Si coniuga bene con lo stile fascista. Perché Roma è stata costruita dagli antichi romani, dai papi e da Mussolini. Dopo si è visto ben poco di veramente ragguardevole». Un apprezzamento che bisogna vedere quanto possa far piacere a Meier e Veltroni.
La novità di ieri, infine, è che al posto dell'obelisco originariamente previsto nel progetto possa sorgere un'antica colonna romana. «Ne stiamo cercando una rinvenuta proprio in quest'area - ha spiegato il sovrintendente ai Beni storici e culturali del Campidoglio Eugenio La Rocca - che, insomma, non risulti estranea a questo luogo. Dovrà ricordare simbolicamente la meridiana del "solarium Augusti"». Fine dell'inaugurazione, non delle polemiche.