giovedì 22 dicembre 2011

Il vestito nuovo dell’Ara Pacis

Il vestito nuovo dell’Ara Pacis
Roberto Cotroneo
sabato 24 settembre 2005 L'Unità
A un certo punto, saranno state le quattro del pomeriggio, d’improvviso si è alzata una nuvola di polvere bianca per tutto il cantiere, una nuvola che il sole romano del pomeriggio ha acceso di un colore strano, che sembrava provenisse dai secoli passati. Così i caschi degli operai, rossi per la maggior parte, e bianchi per alcuni, sembravano delle macchie bizzarre, l’unica forma di modernità in un panorama di grigi, bianchi, di marmi antichi e di marmi moderni. Stiamo parlando del cantiere dell’Ara Pacis, a Roma. Uno dei monumenti più importanti della capitale,ma anche una delle storie più strane, più lunghe e più controverse dell’archeologia. Stiamo parlando di quello che dovrà essere uno dei fiori all’occhiello della giunta di WalterVeltroni. Il nuovo padiglione per l’Ara Pacis, la nuova area dell’Ara Pacis, progettata e realizzata da Richard Meier. Chiusa ai visitatori da quasi dieci anni. Pronta a essere restituita al mondo dopo mille controversie e troppe, davvero troppe polemiche, che arrivano fino a oggi.
Già domani (oggi per chi legge) è previsto un sit-in di Italia Nostra, contro quello che viene già definito lo scatolone di Richard Meier. E non finirà qui. Perché nelle questioni di lana caprina, nelle polemiche senza senso e senza paradigmi siamo tutti specializzati. E dire che l’Ara Pacis è un giallo archeologico e culturale di quelli che affascinano, perché dura da decenni, e comprende tutto: politica, archeologia, soprintendenze, l’idea dei monumenti, modernismo e classicismo, zenit e nadir, giorno e notte.

Vediamo di ricostruirla davvero. Non è proprio scontato che tutti sappiano cosa sia l’Ara Pacis. A orecchio, dato il nome, e il luogo dove sta, è un monumento romano. Esatto. Per essere doverosamente più precisi, tutto comincia il 13 a. C., anno in cui Augusto torna a Roma dopo tre anni di guerre in Gallia e nella penisola Iberica. Il 4 di luglio di quell’anno il Senato romano decretava la costruzione di un altare per la pace Augustea, da collocarsi in un’area alla fine della via Flaminia adiacente al Campo Marzio settentrionale.

Proprio dove sta oggi. Un altare sacrificale davanti, il mausoleo di Augusto dietro, e un Horologium solare, l’horologium di Augusto, che il giorno 23 di settembre, compleanno di Augusto, attraverso uno gnomone della meridiana che non era altro che l’obelisco che oggi tutti possono vedere in piazza Montecitorio, proiettava una linea equinoziale che attraversava tutta la meridiana e finiva dritto dritto dentro l’Ara Pacis.

Come effetto propagandistico non era male, e i romani in questo erano deimaestri. Naturalmente tutto il complesso, compresi i mosaici, le mirabili sculture, i segni zodiacali in bronzo, i sentieri di travertino, e il fiume Tevere, era un luogo di grande suggestione e molto importante. Fitto di significati simbolici, soprattutto per le sculture che fregiano sia l’esterno che l’interno dell’Ara Pacis. Solo che l’idea che noi abbiamo dell’archeologia è assai moderna. E assai lontana dall’idea che si è avuta per il resto dei secoli. L’Ara Pacis viene proprio dimenticata e finisce interrata dal limo del Tevere, dalle inondazioni e dall’oblio. Finché nel 1568 dalle fondamenta di Palazzo Peretti vengono estratti nove grandi blocchi di marmo scolpiti da entrambi i lati. Non sanno che farci, non sanno che cosa sono. Prendono una sega, li tagliano e poi, visto che è marmo scolpito, vendono tutto al Granduca di Toscana, che lo dà agli Uffizi. In seguito un altro pezzo finisce al Louvre, mentre i festoni del recinto arrivano a Villa Medici a Roma, dove vengono murati sulla facciata interna. Ordinaria amministrazione. O quasi. Nessuno capisce che roba sia quella. Pezzi romani, blocchi romani. Stop.
Bisogna aspettare la fine dell’Ottocento perché un archeologo tedesco, che si chiamava Friedrich von Duhn, spieghi che quei blocconi di marmo meraviglioso e che nessuno ha mai rimesso assieme sono l’Ara Pacis di Augusto. E si devono aspettare i primi anni del Novecento perché Eugen Petersen faccia anche un’ipotesi,ma solo un’ipotesi, di ricostruzione. Come si direbbe al cinema. Stacco. E arriviamo di corsa al fascismo. Siamo nel 1937.Romaè in pieno delirio da impero. Gli architetti del fascismo sono operosi e fortemente motivati. L’idea non è soltanto di esasperare l’idea della romanità che il fascismo posticciamente si inventa per tutto il tempo del Regime, ma anche di considerare quella romanità come una vera e propria esperienza estetica. Roma non è più una città contaminata da migliaia di opere d’arte di ogni epoca e di ogni tipologia che convivono una accanto all’altra e persino una sull’altra. Roma è un museo di contemplazione. Roma è il luogo dove si ammirano grandezza emagnificenza. Così San Pietro trova la sua passerella di via della Conciliazione, e i Fori ritrovano uno splendore ideologico con l’apertura della grande via. È un paradigma come un altro. Discutibile come tanti altri. Certo, fortemente ideologico, ma anche decisamente moderno. Non recupera quello che c’era, inventa gli spazi, ed esaspera l’idea che le rovine antiche non siano quel che rimane di una città,ma abbiano una coerenza estetica anche solo in quanto rovine. Dunque non vanno vissute nella quotidianità ma vanno guardate con l’ammirazione che si deve a qualcosa di sacro e di assoluto. Buon per loro. Anche perché a questo si aggiunge un altro problema. I fascisti non erano ossessionati soltanto dalla mistica, ma anche dalle ricorrenze. E si sa, anche dal culto del passato. Il 1938 è data importante: sono duemila anni dalla nascita di Augusto, e per il fascismo, che è finalmente arrivato all’impero non c’è occasione migliore di questa. Fino a quel momento, fisicamente, l’Ara Pacis non esiste. Da quel momento si decide che esisterà. Per prima cosa si recuperano più frammenti possibili là sotto. Sperimentando tecniche all’avanguardia, visto che buona parte di quel marmo stava immerso nelle falde acquifere del Tevere. Poi, tra il giugno e il settembre del 1938, Giuseppe Moretti, grandissimo archeologo, ricostruisce il grande altare. Mancano i pezzi del Louvre, che non vengono restituiti, e mancano i fregi che stanno a Villa Medici, che sono anche quelli dei francesi, e anche quelli non vengono restituiti. Pazienza. Ma l’operazione riesce bene. Dopo 1800 anni, anno più anno meno, l’Ara Pacis torna a esistere. Certo,ma dove? E qui viene il bello. Nel 1938 decidono che deve stare là, dove è sempre stata. Davanti al Tevere. Solo che gli argini hanno cancellato il porto di Ripetta, della Meridiana neanche l’ombra, lo gnomone che sembrava un effetto speciale degno di Spielberg, segna ombre ormai soltanto sul palazzo di Montecitorio, che ai quei tempi era soltanto «un’aula sorda e grigia ».
E non è che si può rimettere in piedi quel prodigio iniziatico, la rappresentazione della Tellus, della Terra madre, la divinità femminile con in grembo due fanciulli, la Venere genitrice, la volta celeste dei bronzi, e tutti i simbolismi dei fregi dell’altare. Là c’è il lungotevere, l’area non esiste più e non puoi certo lasciare l’altare alle intemperie. Così chiedono all’architetto Ballio Morpurgo, di inventarsi una cosa. E Morpurgo si inventa una cosa banale, e vagamente ragionevole: un contenitore, dove evitare che l’Ara si prenda la pioggia, il vento e poco più. Peccato che se metti un altare sul lungotevere, in una città come Roma, finisce che lo distruggi.

Dal 1938 le macchine sono diventate centinaia di migliaia, l’inquinamento, l’umidità del Tevere rischiavano di uccidere l’Ara Pacis. A quel punto nel 1996 viene affidato dalla giunta Rutelli all’architetto Richard Meier il compito di sistemare in modo più consono l’Ara Pacis. Meier è uno che non si è mai occupato di monumenti romani, ha lavorato in tutto il mondo, ma in posti come Las Vegas, ha costruito palazzi sedi di reti televisive, e forse non è praticissimo di siti archeologici. Non è detto che sia un male. E a vedere il cantiere quasi finito ieri, si può dire con decisione che è stato un bene.
Perché l’area dell’Ara Pacis è davvero bellissima. Ma dalle contraddizioni non si esce in nessun modo. L’equivoco sta nella filologia archeologica, o nell’archeologia filologica, che pretende di inventare quello che non esiste più, e non è quasi mai esistito.Quella non è più l’area di Augusto, di quell’area non c’è più nulla, e il valore storico dell’Ara Pacis in quel luogo viene dal fascismo, non dalla romanità. Se l’Ara Pacis fosse stata ricostruita nei musei Capitolini, in una sala enorme, ci saremmo tutti abituati da sempre a vederla là. Si è deciso che l’Ara Pacis doveva rimanere nel sito, interpretando un’ideologia del feticismo dei luoghi che il fascismo alimentava. Poi le cose rimangono. Il bravo Meier ha fatto un miracolo, un miracolo come la piramide del Louvre, che ha molto a che fare con il museo di Parigi, anche se è di cristallo.
Poi, certo, il contentino è stato dato a un sacco di gente. Hanno voluto una fontana accanto, in ricordo simbolico del porto di Ripetta?Epassi la fontana. Altri hanno chiesto il piccolo auditorium?E perché no.
E soprattutto c’è il progetto del sottopasso del lungotevere che trasformerà quella zona in una zona pedonale, come fosse una passeggiata archeologica tra vetro emarmo. Con il senno di poi avevano ragione tutti. Sgarbi, Urbani, Rutelli, Veltroni, Borgna, i sovrintendenti che si sono succeduti. Ognuno terrorizzato da un’idea archeologica che sta al buon senso come il sudoku sta alla fisica teorica. Solo i fascisti pensavano che Augusto dovesse rivivere lì, il giorno del suo due millesimo compleanno. Noi che abbiamo superato tutte le distorsioni imperiali ed estetiche di quel mondo, stiamo ancora a farci la stessa domanda.
Tenuto conto della quantità di smog, e di cosa è diventata Roma, come si poteva lasciare là un capolavoro della scultura di tutti i tempi senza farlo sbriciolare? L’eccellente Meier ha fatto un lavoro che finirà nei libri di architettura. Per il resto da oggi li facciano questi sit-in, per quel che servono. Ma se vanno a farli sotto l’Ara Pacis si ricordino che l’area è sacra e delicata. E soprattutto che è il compleanno di Augusto. E dunque che sia un sit-in, ma con le candeline, 2067 candeline, per essere precisi...



INAUGURATA IERI, nel giorno del compleanno dell’imperatore Augusto, la teca che protegge il monumento romano, prima opera «svelata» della struttura progettata dall’architetto americano Richard Meier

Limitare i danni causati dallo «scatolone di Richard Meier», promuovere da oggi in poi la consultazione dei cittadini prima di operare nel centro storico, inviare una lettera al ministro dei Beni culturali, Rocco Buttiglione, perché venga Ricostituita una commissione ad hoc.
Sono gli obiettivi della protesta di Italia Nostra contro il riassetto dell'area dell'Ara Pacis firmata da Richard Meier.
A questo scopo, ieri, l'associazione ha allestito in piazza del Porto di Ripetta,a poche decine di metri dal cantiere, un banco per la raccolta di firme.
Secondo i promotori. «la struttura di Meier, lunga più di duecento metri, è sproporzionata rispetto alle dimensioni del monumento.
Svilisce il patrimonio archeologico: durante i rilievi, che sono stati colpevolmente effettuati dopo l' inizio dei lavori, sono emersi resti di età augustea che lasciano intendere che l' area del mausoleo di Augusto si affacciava direttamente sul fiume. Qui c'era il Porto di Ripetta, e se ne è perso il valore storico». Dello stesso avviso l’architetto inglese Leonor Krier, che accusa il «modernismo»di Meier: «Dovrebbe lasciare spazio a chi è davvero esperto di centri storici».

Ara Pacis, bufera su Vettroni e Meier

Ara Pacis, bufera su Vettroni e Meier
Daniele Petraroli
Il Giornale - cronaca Roma 24/9/2005
Inaugurata ieri pomeriggio la mastodontica opera di Richard Meier tra le polemiche di Alleanza nazionale e Italia nostra. Per l'architetto Giuseppe Strappa si tratta di «un'astronave calata sul lungotevere». Militanti di An hanno manifestato travestiti da centurioni romani. «D'ora in poi Augusto non riposerà più in pace», per il consigliere municipale Alessandro Cochi. «Si tratta del peggiore scempio urbanistico che Roma ricordi», secondo il consigliere capitolino Marco Marsi-
lio. Il Comune, intanto, ha annunciato un bando di concorso internazionale per risistemare interamente piazza Augusto imperatore dopo le critiche piovute da più parte al nuovo «contenitore» del mausoleo di Augusto. Sul fronte giudiziario, la Procura della Corte dei conti ha impugnato la sentenza che lo scorso dicembre aveva assono tre funzionari capitolini, due sovrintendenti e un assessore della Giunta Rutelli.


Dopo quasi dieci anni di polemiche è arrivato il momento dell'inaugurazione. Meglio della pre-inagurazione in salsa elettorale. L'Ara Pacis verrà aperta, infatti, solo il 21 marzo prossimo. Per il momento l'hanno potuta vedere solo giornalisti e «corte dei miracoli» del sindaco. Dal primo weekend di ottobre (1 e 2), invece, cominceranno le visite guidate previa prenotazione.
Dentro, sorrisi e complimenti al sindaco e all'architetto Meier, autore dell'opera; fuori la contestazione, prima di «Italia nostra», poi di Alleanza nazionale. «Siamo contro questa vera e propria invasione barbarica - ha spiegato il professor Antonio Tamburrino, consigliere di Italia nostra - come disse Federico Zeri, "Meier conosce Roma antica come io conosco il Tibet". Quest'opera non ha alcun tipo di rapporto con l'Ara Pacis. Ingabbiata in questo scatolone perde il significato simbolico che aveva. In più va a interferire con ciò che si vede, le chiese e il prospetto di palazzo Massimo, e con ciò che non si vede, il porto di Ripetta e la struttura che collegava il mausoleo d'Augusto al fiume. La nostra battaglia, comunque, è solo all'inizio». Ancor più duro il giudizio dell'architetto Giuseppe Strappa: «È un'astronave calata sul lungotevere. Non ha alcun rapporto con la tradizione romana».
Più colorita la protesta di An. Una cinquantina di militanti vestiti da antichi romani hanno protestato contro la mastodontica opera. Tra loro anche un redivivo Augusto, «risorto» nel giorno della sua nascita (proprio il 23 settembre) per scagliarsi contro il sindaco e l'architetto, che hanno costruito «una pompa di benzina sull'altare mio spendendo 15 milioni di euri. Veltroni ma chi sei? Er fijo de Attila?».
«La giunta sta inaugurando il peggior scempio architettonico e urbanistico che Roma ricordi» per il consigliere comunale Marco Marsilio. «D'ora in poi Augusto non riposerà più in pace -per Alessandro Cochi, consigliere in I municipio -. Dovremmo comprarci e custodire gelosamente una cartolina di com'era l'area fino a poco tempo fa. Questi signori avranno un bel peso sulla coscienza». Manifestazione conclusa con un vero e proprio blitz del consigliere municipale Federico Mollicone all'interno dell'area recintata che ha rischiato di rovinare la festa di Veltroni.
«Le polemiche sul piano culturale vanno bene, questo no», la risposta del sindaco comunque soddisfatto per l'ennesima passerella elettorale tra sorrisi e strette di mano. «Tutto è partito con l'obiettivo di salvare l'Ara Pacis - ha continuato Veltroni - che nella teca di Morpurgo era in condizione di pericolosità». Perplessità, però, devono essere venute anche all'amministrazione capitolina che ha deciso proprio ieri mattina di indire un bando di concorso internazionale per risistemare interamente piazza Augusto imperatore. «In due o tre anni speriamo di fare tutto. La piazza già era asimmetrica, ora deve ritrovare la sua armonia», ha ammesso infine il sindaco. «Troppo tardi -è la risposta di Marsilio - ormai il danno è fatto. Adesso su piazza Augusto Imperatore c'è una ferita non rimarginabile, un segno violento e fuori contesto del quale purtroppo sarà impossibile non tenere conto nella progettazione dell'intera piazza».
Polemiche a non finire, dunque. Secondo l'architetto Leon Krier, docente alla Princeton University, quella di Meier è «una vera e propria dichiarazione di guerra ai centri storici». Inattesi complimenti alla mastodontica opera (200 metri di lunghezza) arrivano invece dal principe Sforza Ruspoli: «Si coniuga bene con lo stile fascista. Perché Roma è stata costruita dagli antichi romani, dai papi e da Mussolini. Dopo si è visto ben poco di veramente ragguardevole». Un apprezzamento che bisogna vedere quanto possa far piacere a Meier e Veltroni.
La novità di ieri, infine, è che al posto dell'obelisco originariamente previsto nel progetto possa sorgere un'antica colonna romana. «Ne stiamo cercando una rinvenuta proprio in quest'area - ha spiegato il sovrintendente ai Beni storici e culturali del Campidoglio Eugenio La Rocca - che, insomma, non risulti estranea a questo luogo. Dovrà ricordare simbolicamente la meridiana del "solarium Augusti"». Fine dell'inaugurazione, non delle polemiche.

martedì 22 novembre 2011

Richard Meier: il ritorno di un americano a Roma

Richard Meier: il ritorno di un americano a Roma
Paolo Conti
Corriere della Sera - cronaca Roma 24/9/2005
Un americano a Roma. Irresistibile la tentazione di citare quel titolo, Richard Meier alle prese con l'Ara Pacis col suo (discusso) progetto è la traduzione architettonica di un racconto a sfondo morale: giovane studente statunitense si innamora di una capitale europea e «da grande», ricco e famoso, salda i conti coi ricordi lasciando un segno indelebile. Meier ha studiato all'American Academy in Rome, in via Angelo Masina al Gianicolo. Forse, chissà, quel suo amore per il bianco assoluto, persino le grandi vetrate del progetto dell'Ara Pacis nascono dai mesi passati nell'immenso edifìcio costruito nel 1894 da un gruppo di ricchi filantropi americani (qualche cognome: Vanderbilt, Rockefeller, Carnegie, i Frick grandi collezionisti) e inondato dal sole romano che sgorga dai finestroni.
Magari non sarà proprio così, magari i riverberi del Gianicolo hanno un peso specifico relativo nella vicenda che ha appassionato (in senso negativo e positivo) urbanisti e intellettuali in questi anni. Ma è bello pensarlo.«La mia prima visita nella capitale risale al 1959 quando venni per due mesi per studiare architettura. Non sono venuto come un americano, come un newyorchese, ma come qualcuno che già amava Roma», ha detto ieri l'architetto.
Meier ha molti tratti intellettuali europei, e quindi anche italiani. Confessò in un'intervista di essere rimasto vittima di una specie di folgorazione affacciandosi per la prima volta sulla spiaggia di Jesolo: «Ero stupito dalla profondità e dalla bellezza della spiaggia, noi non ne abbiamo così in America, nemmeno in California. E poi quella luce sul mare...
Chissà cosa dev'essergli capitato affacciandosi su Roma, la mattina o il pomeriggio del suo arrivo, dalla terrazza del Fontanone dell'Acqua Paola, a pochi metri dall'American Academy. Altro che la luce di Jesolo: sicuramente qualcosa che somigliava alla sindrome di Stendhal. Adesso questo ex giovane americano a Roma, diventato urbanista e architetto di grido, lascia il suo segno perenne nel cuore antico della città. Qualche amministratore culturale capitolino ironizza su tanta attenzione e parla di «fissazione» a proposito delle lunghe polemiche sull'Ara Pacis. Di «fissazione» sicuramente si tratta: materiali che resteranno nei prossimi secoli in pieno centro storico. Più «fissazione» di così.
E Meier deve saperlo bene, lui che è così abituato a dialogare (con i suoi famosi bianchi, con le sue ampie aperture protette dal vetro, con le sue linee nette) con gli spazi aperti delle città americane. A Tor Tre Teste il Meier americano a Roma ha regalato un pezzo di urbanistica contemporanea di straordinario valore. Ora bisognerà capire cosa accadrà con l'Ara Pacis. L'elegante americano a Roma (capelli candidi, abito grigio di ottima fattura, un tratto umano che suggerisce simpatia) sa che la scommessa non è da poco. Lo sapeva già ai tempi in cui studiava nella nostra città, si immaginava un futuro tutto da scrivere. Sapeva che la città così ben leggibile dal Gianicoto nei giorni di tramontana è un tessuto irripetibile con un centro storico. A Meier è toccato in sorte una opportunità unica in una vita: un'amministrazione comunale che, senza un concorso internazionale, gli ha affidato per «chiamata diretta» un progetto che avrebbe fatto per sempre felice qualsiasi architetto di questo mondo. L'ex studente dell'American Academy forse ha creduto di sognare, sapendolo.
E adesso il suo progetto è lì, in vetro e linee bianche. Le polemiche sono archiviate, ormai carta morta. Tutto è lì, «fissato» per chissà quanti secoli. Come andrà a finire? Verrà assorbito dalla Roma che Meier ammirava dal Gianicolo? È la vera scommessa del futuro. Non basterà il sole romano a vincerla. E Meier lo sa.

martedì 25 ottobre 2011

No al sottopasso dell´Ara Pacis la viabilità non sarà migliore

No al sottopasso dell´Ara Pacis la viabilità non sarà migliore
MERCOLEDÌ, 05 OTTOBRE 2011 LA REPUBBLICA - Roma

Il sottopasso dell´Ara Pacis non va fatto per diversi motivi. Innanzitutto non migliorerà la mobilità. Il parcheggio previsto poi, non rimuoverà alcun veicolo dalla superficie: il saldo dei posti auto regolari sarà negativo e il concetto di pertinenzialità dei box non esiste più. Il progetto è un salto nel buio: non è stato fatto alcun sondaggio archeologico e lì vicino c´è il mausoleo di Adriano. E il cantiere così, rimarrà lì per anni.

sabato 22 ottobre 2011

Ara Pacis - Altarplanspiele

Ara Pacis - Altarplanspiele
dsch
Frankfurter Allgemeine 4/10/2005
Die „Ära pacis", der monumentale Friedensaltar, mit dem Kaiser Augustus seine Regierungszeit feierte, ist in Rom nach langer Restaurierung eingeweiht worden. Es war eine Eröffnung all'italiana, weil Roms Bürgermeister Veltroni nur die Baustelle zur Besichtigung freigab, damit aber elegant den Zeitplan einhalten konnte. Von nun an können sich die Römer hinter dem Bauzaun am Tiber über den Fortgang der Umgestaltung durch den amerikanischen Architekten Richard Meier am Wochenende, wenn die Bagger ruhen, informieren. Meier hat für die vom Smog angefressenen Friese einen vollverglasten Rahmen mit Museum, Auditorium und Konzertsaal entworfen. In Zukunft soll die vielbefahrene Tiberstraße unter die Erde gelegt werden, eine Fußgängerzone entstehen und der gesamte Platz neu gestaltet werden.

sabato 15 ottobre 2011

E dietro all´Ara Pacis spunta un mega cartellone

E dietro all´Ara Pacis spunta un mega cartellone
LAURA SERLONI
GIOVEDÌ, 13 OTTOBRE 2011 LA REPUBBLICA - - Roma

Nessun cantiere, però. I residenti protestano. "Uno scempio - attacca Stefano Mencarini, dell´associazione Tridente - In piena città storica è stato autorizzata una pubblicità di queste dimensioni. Sembra il bis dell´evento dello scorso anno quando è stata piazzata un´auto nel Mausoleo di Augusto". Pronto a muoversi, anche con un esposto, il comitato promotore delibera iniziativa popolare sui cartelloni: "Quella è un´area tutelata, lì non possono esserci pubblicità. L´impianto non è di nessun formato ammesso. Vorremmo sapere chi gli ha dato l´autorizzazione". Piazza San Rocco era un parcheggio ma, dopo il restyling, è stato vietato l´accesso. Il municipio I vorrebbe trasformarla in un posteggio per i residenti. Così ora chiede chiarezza anche il municipio I. "Ci hanno avvisato i cittadini - dice Salvatore Alfano, assessore alla Mobilità del municipio I - Ma il municipio non è stato informato". Replica Albino Ruberti di Zetema: "È la presentazione di un auto ecologica Renault. Il progetto è stato autorizzato da tutte le Sovrintendenze. Il ricavato servirà all´amministrazione per finanziare restauri".

venerdì 16 settembre 2011

Ara Pacis &Todini, appalto preventivo

Ara Pacis &Todini, appalto preventivo
Daniele Martini
Il Fatto quotidiano 9/9/2011
Se il buongiorno si vede dal mattino, è difficile prevedere un futuro radioso per il progetto del tunnel dell'Ara Pacis a Roma, un buco di circa 600 metri che nelle intenzioni del Comune, che lo vuole a tutti i costi, dovrebbe snellire il traffico collegando sulla sponda sinistra del Tevere il ponte Cavour e il ponte Matteotti. Un mese fa il sindaco Gianni Alemanno e l'assessore all'Urbanistica dettero a sorpresa e con un sorriso a 32 denti l'annuncio che i lavori sarebbero partiti entro Natale e l'opera sarebbe stata pronta in un baleno, meno di un anno, 340 giorni al massimo, così da poterla inaugurare a ridosso delle elezioni del 2013, con grande soddisfazione dei romani elettori, naturalmente. A riprova che l'iter stava procedendo a razzo ed era partito con il piede giusto, il sindaco e l'assessore annunciarono ai giornalisti, ma non al Consiglio comunale, che la gara per l'affidamento dei lavori era stata chiusa a tempi di record, almeno per l'Italia, appena 5 mesi. E ovviamente c'era un vincitore, la ditta Todini. cioè l'azienda di costruzioni della signora Luisa, ex parlamentare europea di Forza Italia. Ma ora si scopre che non era vero, o almeno era vero ma non del tutto e che l'annuncio di Alemanno è stato azzardato, prematuro e intempestivo. La gara non è affatto conclusa e quindi il vincitore se c'è, è solo virtuale. Secondo le risultanze fornite dal sindaco, la ditta Todini sarebbe in testa perché avrebbe avanzato l'offerta migliore da un punto di vista tecnico ottenendo 87,629 punti, anche se sul piano economico avrebbe fatto meglio un'altra ditta, la Claudio Salini Grandi Lavori. Ma siccome prima di dichiarare ufficialmente conclusa una gara occorrono per legge le verifiche sulla congruità delle offerte, è più di un mese che dopo l'anomalo annuncio del sindaco proseguono i lavori sugli incartamenti presentati.
Incalzato da Carlo Ripa di Meana, presidente della sezione romana di Italia nostra, contrarissimo al tunnel, il quale aveva ufficialmente chiesto gli atti relativi alla gara sentendosi rispondere che non erano disponibili perché la gara non era ancora conclusa, il sindaco è stato costretto ad ammettere che effettivamente la gara non è finita. Anche se si è affrettato ad aggiungere che sarebbe questione di giorni, se non di ore. Ribadendo poi, in una specie di cortocircuito logico, che comunque il vincitore è la ditta Todini. Un vincitore dichiarato quindi ex ante con il risultato, magari non voluto, di impedire nei fatti ai tecnici impegnati nella valutazione delle offerte di espletare il lavoro in autonomia esponendoli a una pressione psicologica evidente in direzione di uno sbocco, l'assegnazione alla Todini, appunto, indicato dal capo dell'amministrazione comunale come avvenuto e comunque auspicato e preferibile. Non è una faccenda di lana caprina, ma di sostanza che si aggiunge a una serie di altre opacità che avvolgono la gara del tunnel. Che ci siano elementi da chiarire lo ha confermato anche la ditta Condotte di proprietà della Astaldi, terza classificata in base alla graduatoria informale fornita a suo tempo da Alemanno. Il presidente di Condotte, Duccio Astaldi, con un'iniziativa definita "né rituale né formale" ha inviato una lettera al sindaco invitandolo a fornire chiarimenti su aspetti tecnici e non secondari della gara, in particolare proprio sui contenuti dell'offerta della Todini giudicata prematuramente vincente. La ditta Todini, del resto, ormai esiste solo come marchio perché nella sostanza è una filiale della Salini costruzioni, big del mattone nazionale, terzo general contractor con un fatturato di oltre 1 miliardo di euro. Salini è una delle perle della corona delle magnifiche 13 aderenti all'Agi, l'associazione che raggruppa le grandi imprese generali diretta da Mario Lupo, formalmente una costola della confindustriale Ance, ma così potente e influente da fare spesso per conto proprio, anche contro la casa madre. La signora Todini è consigliere della Salini, presidente è Simonpietro il cui nome figurava negli elenchi della P2, mentre amministratore delegato è il figlio Pietro che è anche consigliere dell'Agi.
UN FRATELLO di Simonpietro, Francesco Saverio, pur non avendo incarichi nella Salini è uno dei maggiori azionisti dell'azienda ed è il padre di Claudio Salini, anche lui azionista della Salini Costruttori e amministratore dell'azienda Claudio Salini Grandi Lavori che si sarebbe classificata al secondo posto nella gara per il tunnel dell'Ara Pacis. Secondo gli esperti l'intreccio azionario tra parenti non inficia la regolarità della gara, ma non si sfugge all'impressione che l'affare sia stato giocato in famiglia. La Salini Costruttori è molto attiva a Roma, dove sta costruendo la metropolitana C e dichiara di avere 14,6 miliardi di lavori in portafoglio in giro per il mondo. Ha realizzato tra l'altro una gigantesca infrastruttura in Etiopia, forse la più grande di tutta l'Africa, l' impianto idroelettrico Gilgel Gibe II, un'opera costata circa 500 milioni di euro, in larga parte (quasi il 60 per cento) finanziata dall'Italia. Ad inaugurarla il 13 gennaio di un anno fa andò anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Meno di un mese dopo, il 5 febbraio, il giornale on line Ethiopian Review dette la notizia che a due settimane dalla cerimonia una parte del lungo tunnel di 26 chilometri dove erano state convogliate le acque era crollata.

"Ara Pacis, no al sottopasso Salveremo i platani da un progetto devastante"

"Ara Pacis, no al sottopasso Salveremo i platani da un progetto devastante"
LAURA SERLONI
GIOVEDÌ, 15 SETTEMBRE 2011 LA REPUBBLICA - Roma

Italia Nostra: ci batteremo come contro il parking del Pincio

"Il ministero dei Beni culturali intervenga per fermare lo scempio"

Progetto «surreale». Dopo l´incontro con il direttore regionale per il ministero dei Beni culturali, Federica Galloni, Italia Nostra è sempre più convinta del no al sottopasso dell´Ara Pacis e del parcheggio interrato di passeggiata di Ripetta. Un intervento che arriva a un giorno da quello della scrittrice Rosetta Loy sulle pagine di Repubblica.
«I rappresentanti istituzionali hanno confermato che ad oggi non esiste un vincitore del bando e ci hanno invitato a partecipare il 21 settembre alla seduta pubblica per la proclamazione dell´aggiudicatario provvisorio da parte della Commissione esaminatrice - spiega Carlo Ripa di Meana, presidente dell´associazione ambientalista - E pensare che già dal 5 agosto il sindaco Alemanno e l´assessore Corsini avevano comunicato ufficialmente il nome del vincitore». Italia Nostra nei giorni scorsi aveva inviato una richiesta formale di accesso agli atti, ma nessun progetto era ancora disponibile. Così hanno voluto incontrare la direttrice Galloni che «pur non avendo preso visione di alcun progetto - sostiene l´associazione - si dichiara, anche a nome del Ministero, favorevole all´iniziativa proposta dal Comune. È surreale».
I timori del presidente Ripa di Meana è che i 90 platani monumentali saranno gravemente compromessi. Sebbene tutto il complesso di lungotevere in Augusta e passeggiata di Ripetta sia vincolato dal Codice dei beni culturali, sia dal punto di vista paesaggistico che storico-artistico nonché sottoposti a tutela dell´Unesco. «La Galloni ha ribadito che il suo parere espresso sul progetto definitivo sarà vincolante - continua Italia Nostra - E sulle alberature, la risposta sconcertante è stata che le garanzie sulla tutela e salvaguardia verranno fornite dal Comune. Abbiamo allora chiesto se verrà effettuata una verifica da parte del Ministero con l´istituzione di una autonoma commissione di esperti di provata fama ed esperienza in materia, ma la risposta è stata negativa. Così come è avvenuto a Milano a piazza Lavater, dove il Mibac è intervenuto per la salvaguardia di un complesso arboreo di minore entità di quello romano, così deve intervenire, a Roma, per salvare il lungotevere».
Insomma il comitato ritiene che il Mibac abbia il dovere di verificare che il progetto esecutivo non significhi la fine dei platani. E si dicono «totalmente insoddisfatti» delle informazioni ricevute perché «non viene fornita alcuna garanzia alla città sulla sorte di questo complesso monumentale». La battaglia è dunque aperta. «Siamo pronti a ripetere un altro Pincio», attacca Italia Nostra.

venerdì 9 settembre 2011

Ara Pacis, a gennaio via il muro. Alemanno: davanti alla teca sottovia e piazza pedonalizzata

Ara Pacis, a gennaio via il muro. Alemanno: davanti alla teca sottovia e piazza pedonalizzata
FABIO ROSSI
IL MESSAGGERO – 23 agosto 2011

Ara Pacis, a gennaio giù il muro partono i lavori per il sottovia. Accordo tra Meier e Alemanno. Percorso pedonale sul Lungotevere Sarà realizzato anche un parcheggio sotterraneo per trecento auto

È stato al centro di feroci polemiche, politiche e non solo, fin dal 21 aprile del 2006, quando è stata inaugurata la nuove teca dell'Ara Pacis, firmata da Richard Meier. Fra qualche mese, però, il muro laterale - quello, per intenderci, che costeggia l'area museale, coprendo i profili di due chiese barocche - sarà abbattuto. L'intervento, concordato da Gianni Alemanno con l'architetto americano, sarà contemporaneo all'avvio dei lavori per il nuovo sottopasso dell'Ara Pacis, che porteranno alla pedonalizzazione di tutta l'area in superficie, da piazza Augusto Imperatore a lungotevere in Augusta, con tanto di affaccio sul fiume. «I lavori per il sottopasso dell'Ara Pacis prenderanno il via a gennaio prossimo - annuncia il sindaco, durante un sopralluogo sui cantieri stradali in corso nel centro storico - Dureranno circa un anno, forse 14 mesi, e comprenderanno anche l'abbattimento del famoso muro che copre le chiese barocche». Quando saranno aperti i cantieri, il traffico veicolare sarà interrato per 1,5 chilometri: il modello di tunnel sarà quello della Galleria Giovanni XXIII, con due corsie più una di sosta. In più, è previsto un parcheggio interrato per circa 300 posti auto, sistemati su due piani, che sarà realizzato nei pressi della Passeggiata di Ripetta. L'intervento prevede inoltre la pedonalizzazione del tratto di lungotevere tra ponte Cavour e ponte Margherita, con un parco sul modello dei giardini all'italiana. Il tutto per armonizzare la presenza della teca dell'Ara Pacis - una struttura realizzata in acciaio, travertino, vetro e stucco - con gli edifici e la zona circostante. «C'è poi piazza Augusto Imperatore, per la quale a settembre vogliamo completare il finanziamento - C'è un progetto bellissimo, che possiamo collegare ai lavori per l'Ara Pacis». La riqualificazione della piazza «dovrà comprendere anche il restauro integrale del Mausoleo di Augusto, finora escluso da ogni tipo di intervento- sottolinea Francesco Giro, sottosegretario ai Beni culturali - In questo senso ho ricevuto dal sovrintendente del Comune di Roma, Umberto Broccoli, un progetto di valorizzazione del monumento dal costo complessivo di circa 10milioni di euro». L'abbattimento del muro laterale, intanto, potrebbe mettere la parola fine alle polemiche sull'intera opera di Meier, che Alemanno subito dopo il suo insediamento in Campidoglio aveva definito «uno sfregio alla città». In seguito il sindaco e l'archistar americana avevano trovato un accordo, suggellato da una stretta di mano proprio davanti all'Ara Pacis, che prevedeva l'abbattimento del muro. Ieri Meier non era nei suoi studi di New York e Los Angeles, ma fuori degli Usa per lavoro. Un incontro è ipotizzabile per la prossima settimana: per il momento non trapelano né polemica né eccessivo entusiasmo per l'iniziativa di Palazzo Senatorio. L'opera era stata fin dall'inizio accolta con pareri contrastanti: il New York Times l'aveva definita senza mezzi termini un flop, mentre Vittorio Sgarbi l'aveva bollata come «una pompa di benzina texana nel cuore di uno dei centri storici più importanti del mondo». Polemiche erano arrivate soprattutto dai nostalgici della vecchia teca, costruita nel 1938 nell'ambito dei lavori di realizzazione della piazza Augusto Imperatore, diretti dell'architetto Vittorio Ballio Morpurgo. In autunno, ricorda infine il sindaco, «partiranno anche i lavori di restauro del Colosseo, sponsorizzati da Della Valle, mentre a gennaio 2013 aprirà il nuovo Centro Congressi dell'Eur, la Nuvola progettata da Massimiliano Fuksas».

lunedì 29 agosto 2011

Ara Pacis, la battaglia del muretto

Ara Pacis, la battaglia del muretto
ERNESTO MENICUCCI
CORRIERE DELLA SERA – 24 agosto 2011

Fuksas: «È da abbattere». No di Purini. Polemica sull'annuncio di Alemanno Marco Marsillo «Quelle di Morassut sono motivazioni cretine. Stia attento a non sfruculiare troppo, altrimenti qualcuno potrebbe indagare sulla storia della teca»

Su o giù? Abbattere o conservare? Il tema è un evergreen: il «muretto» dell'Ara Pacis, oggetto del contendere tra esperti ed elemento di polemica tra centrodestra e centrosinistra. Un dibattito che si è riacceso l'altro ieri, dopo l'annuncio di Alemanno: «A gennaio, coi lavori del sottopasso, butteremo giù anche il muro». Roberto Morassut (Pd) ha parlato di «nostalgia fascistica» e ha annunciato «un ricorso alla Corte dei Conti», perché l'abbattimento del muro costerebbe «tra i 5O0 e i 600 mila euro», il Pdl ha fatto quadrato, schierando i pezzi da novanta: «La decisione — dice Fabrizio Cicchitto — di abbattere il muro è positiva. E non c'è alcuna nostalgia fascistica: l'Ara Pacis non può essere deturpata da operazioni aggiuntive destituite di fondamento». Per Francesco Giro, sottosegretario al Mibac «la scelta di limitare l'intervento all'abbattimento del muro è stata fatta proprio per evitare danni erariali al Comune». Marco Marsilio, deputato Pdl, usa termini pesanti: «Le motivazioni di Morassut sono cretine e inconsistenti. Morassut stia attento a non sfruculiare troppo la magistratura contabile: qualcuno potrebbe andare ad indagare sulla storia della teca all'Ara Pacis, la cui assegnazione venne fatta con una telefonata a Meier, senza un concorso, una gara». Domenico Cecchini, assessore all'Urbanistica della prima giunta Rutelli (con la quale nacque il progetto Ara Pacis), difende l'opera: «Quello del sindaco è un ridicolo intestardimento. Il muro venne deciso al centimetro dalle sovrintendenze: si può dire che lo progettarono insieme a Meier. Quel rifacimento ha fatto dell'Ara Pacis uno dei musei più visitati di Roma e quello spazio, tra il muro e la fontana, è diventato un luogo cittadino». E gli esperti? Massimiliano Fuksas è «favorevole all'abbattimento del muro». L'archistar rossa che sposa una battaglia della destra? «Togliere quella divisione è giusto, e basta, perché copre le facciate delle due chiese che ci sono dietro. Lo dice anche Giorgio Muratore». Lui, però, Muratore, ha una posizione più articolata: «dl muretto? E incredibile che persone adulte perdano tempo a parlarne... E una presa in giro del sindaco, una foglia di fico con la quale si vuole coprire un intervento, quello del sottopasso, che sventrerà il centro di Roma. Un appalto enorme, che serve solo ai cosiddetti poteri forti: del resto ci si avvicina alle elezioni...». Franco Purini, l'architetto di «Eurosky», lascerebbe tutto così com'è: «Ci vuole — dice — buon senso. Il progetto iniziale era nato con un muro molto più ampio, ora è difficile trovare una soluzione positiva». Secondo Umberto Groppi, ex assessore alla Cultura, «il problema non si pone. L'abbattimento del muretto non si farà mai: non c'è uno studio, un progetto esecutivo. E una questione ideologica, con la quale Alemanno vuole dimostrare di tenere il punto: con il progetto di Meier, è la prima volta che le chiese vengono scoperte, mentre prima c'erano i palazzi a nasconderle».

martedì 26 luglio 2011

No al sottopasso Ara Pacis "L´Unesco intervenga per salvare il Lungotevere"

No al sottopasso Ara Pacis "L´Unesco intervenga per salvare il Lungotevere"
LAURA SERLONI
SABATO, 16 LUGLIO 2011 LA REPUBBLICA - Roma

Il fronte del "no" al sottopasso dell´Ara Pacis aveva già annunciato il ricorso all´Unesco quando le associazioni erano scese in piazza lo scorso 8 luglio. Dopo le parole, i fatti. Così il presidente di Italia Nostra, Carlo Ripa di Meana, si è rivolto ai responsabili della convenzione internazionale dell´Unesco sul patrimonio mondiale per chiedere una urgente verifica del progetto. «Il piano appare in palese contraddizione con le norme di salvaguardia internazionali che riguardano i siti del patrimonio mondiale, ai quali il centro storico di Roma è iscritto sin dal 1980 - spiega Ripa di Meana - Nella comunicazione alle autorità dell´Unesco si è fatta presente la necessità di una valutazione indipendente di impatto ambientale e storico-archeologico che, sorprendentemente, non è stata effettuata prima dell´imminente assegnazione nonché la mancanza totale di verifiche e consultazioni pubbliche sugli effetti che il progetto avrà per i residenti dell´area e per tutti i cittadini».
A mobilitarsi non è soltanto Italia Nostra, ma anche gli abitanti della zona che si sono riuniti in un´associazione chiamata "Comitato Ripetta", guidata dalla nobile Benedetta Borghese. «Il progetto prevede sulla strada l´uscita del sottopassaggio e l´entrata e l´uscita del parcheggio, poi ci saranno sventramenti, muri, bocche di areazione che trasformeranno la Passeggiata di Ripetta in una specie di svincolo autostradale».

martedì 15 febbraio 2011

Ara Pacis, al via la gara per il sottopasso

Ara Pacis, al via la gara per il sottopasso
GIOVANNA VITALE
MARTEDÌ, 15 FEBBRAIO 2011 la repubblica - Roma

Interamente in project financing, sarà pronto a inizio 2013. I privati "ripagati" con 308 parcheggi

Corsini: "Un progetto chiave per la riqualificazione di quel tratto di lungotevere"

Annunciato da anni, dovrebbe vedere la luce all´inizio del 2013, entro la fine della consiliatura Alemanno. Ieri il primo passo: in gazzetta ufficiale è stato infatti pubblicato il bando di gara per la realizzazione del sottopasso dell´Ara Pacis e opere correlate (pedonalizzazione dello spazio tra la teca di Meier e i muraglioni, compresa la famosa terrazza sul Tevere). Se i tempi verranno rispettati, l´assegnazione dei lavori dovrebbe avvenire in primavera: il cantiere, come da cronoprogramma, durerà 24 mesi.
Il progetto, che sarà interamente finanziato dai privati, prevede un tunnel di circa 600 metri da ponte Cavour a ponte Matteotti, due uscite (una su lungotevere in Augusta, l´altra che si congiunge al sottopasso del ministero della Marina), un parcheggio sotterraneo da 308 posti nella passeggiata di Ripetta, la chiusura al traffico dell´area davanti all´Ara Pacis, l´abbattimento quasi completo del "muretto" della discordia, ovvero la barriera di travertino alta 5 metri che attualmente divide il monumento dalla strada, tanto criticato dal centrodestra, ma sul quale è già arrivato l´assenso dell´architetto statunitense. Un intervento tuttavia destinato a creare a non pochi problemi alla circolazione. Anche se «cercheremo di studiare una viabilità alternativa, così da attenuare i disagi», promette l´assessore all´Urbanistica Marco Corsini: «La scelta della soluzione meno impattante per il traffico, infatti, è uno degli elementi per la valutazione dell´offerta di gara. Detto questo i sacrifici, consistenti e inevitabili, sono comunque da mettere in conto».
Le imprese che si aggiudicheranno i lavori, eseguendoli a proprie spese, si ripagheranno con i parcheggi, il cui cantiere sarà posizionato alle spalle del liceo artistico di via di Ripetta, il cosiddetto "ferro di cavallo". Il piano dei costi e dei ricavi ha calcolato che, dei 308 posti realizzati, 120 saranno box da destinare alla vendita (intorno ai 150mila euro), i restanti 188 (85 a rotazione oraria, 103 in abbonamento) verranno gestiti per trent´anni. Per quanto riguarda la tariffa oraria si ipotizza una media di 2,50 euro ogni 60 minuti, mentre l´abbonamento costerà 300 euro al mese. E persino i platani verranno salvati, grazie a una tecnica che ne preserva le radici mutuata dagli Champs Elysées.
«Si tratta di un progetto di straordinaria importanza», commenta l´assessore Corsini, «non solo perché consentirà la piena fruibilità del lungotevere in quel tratto, rendendolo pedonale grazie anche alla riqualificazione dell´intera area, compreso il Mausoleo e piazza Augusto Imperatore, ma rappresenta una grande scommessa sull´idea di finanza di progetto e sulle tecniche utilizzate per la realizzazione del sottopasso e del parcheggio interrato, che saranno le meno invasive possibili».
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