martedì 17 marzo 2009

L'Ara Pacis? Celebra solo la vanità di Meier

L'Ara Pacis? Celebra solo la vanità di Meier
Paolo Mastrolilli
La Stampa, 26/9/2006

Nella sua relazione con le glorie della città, l'edificio è senza senso, come i suoi predecessori fascisti». Peggio di così, secondo il New York Times, non poteva andare: il nuovo Museo dell'Ara Pacis, costruito a Roma dall'architetto americano Richard Meier, è perfettamente in linea con le porcherie volute da Mussolini a Piazza Augusto Imperatore. Anzi, fatta eccezione per alcuni dettagli pregevoli, riesce persino a batterle in negativo. Stavolta, però, la colpa non è dei politici romani, ma della vanità senza freni dell'architetto.
Secondo Nicolai Ouroussoff, che ha stilato l'attenta pagella del Times, l'Ara Pacis non vale il prezzo del biglietto. L'altare in sé merita, ma il guscio che Meier gli ha costruito intorno è una specie di insulto alla Città Eterna. «Assurdamente fuori scala, sembra indifferente alla nuda bellezza del tessuto urbano denso e ricco intorno ad esso».
I torti di Meier sono quasi infiniti, e cominciano dall'esterno. Per ancorare il nuovo museo alla città, l'architetto ha costruito un muro che taglia a metà e umilia le facciate delle chiese di San Rocco e San Girolamo dei Croati. La struttura poi è troppo pesante, e compete con l'altare fino al punto di far quasi dimenticare la ragione della sua esistenza. Le parti migliori sono gli interni, come ad esempio «l'approccio ben calibrato all'Ara Pacis». Il New York Times, però, non capisce a cosa serva un auditorium da 150 posti in un museo che contiene una sola opera d'arte, e se la prende persino con l'ingresso troppo formale o il negozio dei libri.
La parte più crudele della critica, però, è quella che equipara il lavoro di Meier ai progetti di Vittorio Balli o Morpurgo, l'architetto incaricato da Mussolini di sistemare Piazza Augusto Imperatore. Morpurgo, secondo il Times, fece un autentico disastro, per accontentare il dittatore che voleva assimilare il suo regime alle glorie della Roma imperiale. Fra le altre cose, aveva raso al suolo le vecchie case intorno al monumento centrale, che invece servivano a garantire l'effetto più peculiare e spettacolare della Città Eterna, quando arrivando da qualche vicoletto si sbuca in una piazza ariosa e inattesa. Meier non ha voluto replicare la retorica fascista, però l'ha sostituita con la propria: «La mancanza di sensibilità rinforza cliché secondo cui tutta l'architettura contemporanea è un'espressione dell'ego dell'architetto. Questo edificio è destinato a dare munizioni ai conservatori, convinti che nella Città Eterna non c'è spazio per opere nuove e coraggiose. Il museo - conclude la recensione - ci ricorda che la vanità non è esclusiva dei generali o dei politici. Forse passerà un'altro mezzo secolo, prima che Roma si avvii di nuovo su questa strada».

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