Ara pacis. Meteorite massiccio e implacabile
Angiolo Bandinelli
Il Foglio, 29 aprile 2006
La nuova teca di Meier delude con troppe citazioni e poca innovazione.
Ma l'obelisco? L'obelisco dove è? E la colonna di granito di 120 cm. di diametro? E la fontana pensata "per dare un senso di movimento", con l'acqua che saltella sulla scalea d'ingresso evocando non le esondazioni del Tevere ma Villa d'Este e Villa Lante di Bagnaia? Le invenzioni con cui Meier pensava di abbellire la nuova teca dell'Ara Pacis ancora non ci sono, dicono che arriveranno. Che fossero invenzioni, però, c'è da dubitarne. Meier avrebbe ben potuto inventarsi qualcosa di inedito; se no, perché chiamare un americano? Comunque, il riferimento alla Roma antica non manca, ed è il muraglio-ne che ti accompagna fino alla biglietteria, palese ammiccamento alle mura serviane o allo stesso Mausoleo di Augusto, lì di fronte. Ma le mura serviane erano composte di grandi blocchi di tufo e il Mausoleo poggia su un anello di massi aggettanti e sporgenti, osculi e feroci, mentre il muraglione di Meier è un domino di lastroni di travertino con i costoloni in vista, sotto i quali senti il cemento armato, senza il "peso" e la forza dei modelli.
Se il richiamo all'antico è un po' frusto, potremo almeno ammirare la modernità del progetto? Qualcuno lo ha fatto, ma non ci ha convinti. La struttura - "di un bianco abbagliante", come enfatizzano i giornali - a noi pare un patchwork di citazioni dell'architettura razionalista internazionale o romana degli anni Trenta. Gli enormi piloni non saranno venuti dritti dritti da quelli dell'Eur? E le grandi vetrate non hanno l'aria familiare della sede della GIL di Via Ascianghi, celebre opera (1933) di Luigi Moretti? E il finestrone quadrato sul muro verso la piazza non è anch'esso di Moretti, o forse di De Renzi e Libera, gli autori delle Poste di Trastevere? I richiami ci rimandano fino alle travature in-tersecantisi di "De Stijl", con alcune cadute, tipo un anonimo superattico di soprelevazione anni Cinquanta o il noto negozio di abbigliamento che si apre a pochi passi, lungo il Corso, prima di Palazzo Chigi. Le citazioni vanno bene se rifuse in uno scatto di invenzione, che qui ci pare (e vorremmo essere confutati) assente. Ancora una volta l'occasione è sfumata: con le sue belle mostre Roma offre cultura, ma non la produce. Meier, forse intimidito da Roma o troppo ossequiente al suo cliché, quello "passatista" nei confronti del quale avrebbe dovuto dare un segnale di originale rottura, ha sbagliato tastiera. Ora non resta che attendere il promesso piano di riqualificazione dell'area. Si parla di un tunnel in cui interrare il lungotevere per far posto a una terrazza che ci restituisca l'affaccio sul fiume, come quando lì c'era il porto settecentesco di Ripetta distrutto dai piemontesi. Purtroppo, la terrazza avrà alle sue spalle il muraglione e la teca di Meier.
Nella progettualità di Vittorio Ballio Morpurgo, l'autore della teca preesistente e della piazza, i vari elementi erano subordinati al Mausoleo, che avrebbe dovuto essere la tomba del Duce. La teca di Meier, meteorite massiccio e implacabile, rovescia l'assunto diventando il fuoco ideale dell'area. E pensare che il nodo da sciogliere era (e resta) rendere in qualche modo fruibile il Mausoleo, oggi solo un "dente cariato" di cederniana memoria, in desolante abbandono. Ma si sa, quando si mette il carro davanti ai buoi, quando si vuole presuntuosamente e testardamente creare un'opera architettonica al di fuori di ogni contesto, che ci si può aspettare?
Angiolo Bandinelli
Il Foglio, 29 aprile 2006
La nuova teca di Meier delude con troppe citazioni e poca innovazione.
Ma l'obelisco? L'obelisco dove è? E la colonna di granito di 120 cm. di diametro? E la fontana pensata "per dare un senso di movimento", con l'acqua che saltella sulla scalea d'ingresso evocando non le esondazioni del Tevere ma Villa d'Este e Villa Lante di Bagnaia? Le invenzioni con cui Meier pensava di abbellire la nuova teca dell'Ara Pacis ancora non ci sono, dicono che arriveranno. Che fossero invenzioni, però, c'è da dubitarne. Meier avrebbe ben potuto inventarsi qualcosa di inedito; se no, perché chiamare un americano? Comunque, il riferimento alla Roma antica non manca, ed è il muraglio-ne che ti accompagna fino alla biglietteria, palese ammiccamento alle mura serviane o allo stesso Mausoleo di Augusto, lì di fronte. Ma le mura serviane erano composte di grandi blocchi di tufo e il Mausoleo poggia su un anello di massi aggettanti e sporgenti, osculi e feroci, mentre il muraglione di Meier è un domino di lastroni di travertino con i costoloni in vista, sotto i quali senti il cemento armato, senza il "peso" e la forza dei modelli.
Se il richiamo all'antico è un po' frusto, potremo almeno ammirare la modernità del progetto? Qualcuno lo ha fatto, ma non ci ha convinti. La struttura - "di un bianco abbagliante", come enfatizzano i giornali - a noi pare un patchwork di citazioni dell'architettura razionalista internazionale o romana degli anni Trenta. Gli enormi piloni non saranno venuti dritti dritti da quelli dell'Eur? E le grandi vetrate non hanno l'aria familiare della sede della GIL di Via Ascianghi, celebre opera (1933) di Luigi Moretti? E il finestrone quadrato sul muro verso la piazza non è anch'esso di Moretti, o forse di De Renzi e Libera, gli autori delle Poste di Trastevere? I richiami ci rimandano fino alle travature in-tersecantisi di "De Stijl", con alcune cadute, tipo un anonimo superattico di soprelevazione anni Cinquanta o il noto negozio di abbigliamento che si apre a pochi passi, lungo il Corso, prima di Palazzo Chigi. Le citazioni vanno bene se rifuse in uno scatto di invenzione, che qui ci pare (e vorremmo essere confutati) assente. Ancora una volta l'occasione è sfumata: con le sue belle mostre Roma offre cultura, ma non la produce. Meier, forse intimidito da Roma o troppo ossequiente al suo cliché, quello "passatista" nei confronti del quale avrebbe dovuto dare un segnale di originale rottura, ha sbagliato tastiera. Ora non resta che attendere il promesso piano di riqualificazione dell'area. Si parla di un tunnel in cui interrare il lungotevere per far posto a una terrazza che ci restituisca l'affaccio sul fiume, come quando lì c'era il porto settecentesco di Ripetta distrutto dai piemontesi. Purtroppo, la terrazza avrà alle sue spalle il muraglione e la teca di Meier.
Nella progettualità di Vittorio Ballio Morpurgo, l'autore della teca preesistente e della piazza, i vari elementi erano subordinati al Mausoleo, che avrebbe dovuto essere la tomba del Duce. La teca di Meier, meteorite massiccio e implacabile, rovescia l'assunto diventando il fuoco ideale dell'area. E pensare che il nodo da sciogliere era (e resta) rendere in qualche modo fruibile il Mausoleo, oggi solo un "dente cariato" di cederniana memoria, in desolante abbandono. Ma si sa, quando si mette il carro davanti ai buoi, quando si vuole presuntuosamente e testardamente creare un'opera architettonica al di fuori di ogni contesto, che ci si può aspettare?
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