Il caso Ara Pacis. In un mese record di 52 mila visitatori. Ma sull 'opera di Meier i romani si dividono.
Renata Mambelli
la Repubblica - Cronaca Roma , 24-MAG-2006
Abbiamo raccolto le impressioni a caldo di chi va a vedere l'opera di Richard Meier. Molti vengono e vedere la teca senza entrare. Però chi arriva prevenuto a volte cambia idea. Criticata soprattutto la posizione
CINQUANTADUEMILA visitatori in un mese di apertura. Una cifra che dovrebbe bastare da sola a spazzare il campo dalle polemiche sul successo del museo dell'Ara Pacis di Richard Meier. Ma per chi non si accontenta delle cifre c'è un'altra verifica da fare: piazzarsi alla porta del Museo, fermare chi esce e chiedere: «allora, che ve ne sembra?». Abbiamo scoperto, così, che nessuno di quanti abbiamo sentito era andato lì per caso. E che molti, arrivati prevenuti, avevano cambiato idea. In tanti, poi, vengono a guardare senza entrare. Un segnale che i 52.000 che hanno comprato il biglietto sono solo una parte di quanti sono stati attratti dall'opera di Meier. E il Museo fa cambiare davvero opinione: arrivano accaldati, prevenuti contro "quest'orrore", stanchi per tutto quello che hanno già visto. Entrano e, improvvisamente, si calmano. Sarà il fatto che nella teca i rumori dell'esterno arrivano attutiti, che la luce soffusa toglie i riverberi più fastidiosi del sole romano, sarà che l'Ara Pacis, imponente al centro del Museo, attira gli sguardi e l'attenzione sul suo perfetto stile classico, ma certo anche i più critici stemperano il loro giudizio. A grandi linee, comunque, i visitatori si dividono in cinque categorie: i favorevoli, i contrari, i dubbiosi, i disponibili, i nostalgici.
Favorevoli
Maria De Micheli, pugliese, a Roma da trent'anni, è venuta da sola apposta per vedere la teca. E le è piaciuta. «Prima l'Ara Pacis non si vedeva, si passava da qui senza dargli neanche un'occhiata. Il Museo, per me, è più bello dentro che fuori. Certo, non è antico e in questa parte della città uno non se lo aspetta. Invece è l'antico dentro il moderno e il moderno insieme all'antico. Mi piace. Per un museo mischiare l'antico col moderno va bene».
Contrari
Licia Tozzi e Flora Armento, due amiche a Roma da molti anni, uscendo mantengono le loro riserve. «Avrebbe dovuto essere più piccolo», dice Licia Tozzi, «Troppo spazio, troppi soldi spesi, trovo inutile tutta questa armatura. La chiesa di
San Rocco è completamente soffocata e non è giusto che per vedere l'Ara Pacis si debba pagare: non si poteva fare in modo che fosse visibile dal Lungotevere, magari con una teca di vetro?».
Dubbiosi
«È una cosa un po' ardita, molto originale. Il primo impatto però è tremendo. Certo, è accaduto lo stesso con la piramide del Louvre, ora ci siamo abituati». Sergio Lensi e Silvana Pelli vengono da Firenze, e sono qui apposta per vedere la teca. «A me non dispiace», continua lui, «ma mi sconvolge come è stata sacrificata la chiesa di San Rocco. Il priore non sarà stato contento». «Bisogna farci l'occhio», concorda lei, ma sono entrambi d'accordo sui particolari: «Questo muro in blocchi di travertino è bellissimo. Certo, però, come contenitore è più bello dentro che fuori».
Disponibili
Barbara Sturnega e Davide Gherdevich, due ragazzi di Trieste, guardano da fuori ma decidono di tornare quando sarà completato. «Passavamo di qui e siamo venuti a vedere come è venuto. Certo, sbuca fuori un po' all'improvviso, ma lo scorcio dentro, verso l'Ara, è bellissimo. È un pochino estraneo a quanto c'è intorno, ma nell'insieme ci piace. Ci torneremo».
Nostalgici
«È un'opera bellissima, ma che non c'entra niente con questo posto, forse andava meglio all'Eur». Luciano Sansoni è nato a pochi metri da qui, a via Ripetta, e non digerisce ancora l'impatto. «Niente da dire sul Museo, Meier è un grande architetto. Ma tutti questi soldi era meglio spenderli per il Mausoleo e per la piazza, che hanno bisogno di essere sistemati. Così è una ferita in un'area che ha perso la sua identità. Forse quando sarà finito e la piazza sistemata sarà diverso».
Renata Mambelli
la Repubblica - Cronaca Roma , 24-MAG-2006
Abbiamo raccolto le impressioni a caldo di chi va a vedere l'opera di Richard Meier. Molti vengono e vedere la teca senza entrare. Però chi arriva prevenuto a volte cambia idea. Criticata soprattutto la posizione
CINQUANTADUEMILA visitatori in un mese di apertura. Una cifra che dovrebbe bastare da sola a spazzare il campo dalle polemiche sul successo del museo dell'Ara Pacis di Richard Meier. Ma per chi non si accontenta delle cifre c'è un'altra verifica da fare: piazzarsi alla porta del Museo, fermare chi esce e chiedere: «allora, che ve ne sembra?». Abbiamo scoperto, così, che nessuno di quanti abbiamo sentito era andato lì per caso. E che molti, arrivati prevenuti, avevano cambiato idea. In tanti, poi, vengono a guardare senza entrare. Un segnale che i 52.000 che hanno comprato il biglietto sono solo una parte di quanti sono stati attratti dall'opera di Meier. E il Museo fa cambiare davvero opinione: arrivano accaldati, prevenuti contro "quest'orrore", stanchi per tutto quello che hanno già visto. Entrano e, improvvisamente, si calmano. Sarà il fatto che nella teca i rumori dell'esterno arrivano attutiti, che la luce soffusa toglie i riverberi più fastidiosi del sole romano, sarà che l'Ara Pacis, imponente al centro del Museo, attira gli sguardi e l'attenzione sul suo perfetto stile classico, ma certo anche i più critici stemperano il loro giudizio. A grandi linee, comunque, i visitatori si dividono in cinque categorie: i favorevoli, i contrari, i dubbiosi, i disponibili, i nostalgici.
Favorevoli
Maria De Micheli, pugliese, a Roma da trent'anni, è venuta da sola apposta per vedere la teca. E le è piaciuta. «Prima l'Ara Pacis non si vedeva, si passava da qui senza dargli neanche un'occhiata. Il Museo, per me, è più bello dentro che fuori. Certo, non è antico e in questa parte della città uno non se lo aspetta. Invece è l'antico dentro il moderno e il moderno insieme all'antico. Mi piace. Per un museo mischiare l'antico col moderno va bene».
Contrari
Licia Tozzi e Flora Armento, due amiche a Roma da molti anni, uscendo mantengono le loro riserve. «Avrebbe dovuto essere più piccolo», dice Licia Tozzi, «Troppo spazio, troppi soldi spesi, trovo inutile tutta questa armatura. La chiesa di
San Rocco è completamente soffocata e non è giusto che per vedere l'Ara Pacis si debba pagare: non si poteva fare in modo che fosse visibile dal Lungotevere, magari con una teca di vetro?».
Dubbiosi
«È una cosa un po' ardita, molto originale. Il primo impatto però è tremendo. Certo, è accaduto lo stesso con la piramide del Louvre, ora ci siamo abituati». Sergio Lensi e Silvana Pelli vengono da Firenze, e sono qui apposta per vedere la teca. «A me non dispiace», continua lui, «ma mi sconvolge come è stata sacrificata la chiesa di San Rocco. Il priore non sarà stato contento». «Bisogna farci l'occhio», concorda lei, ma sono entrambi d'accordo sui particolari: «Questo muro in blocchi di travertino è bellissimo. Certo, però, come contenitore è più bello dentro che fuori».
Disponibili
Barbara Sturnega e Davide Gherdevich, due ragazzi di Trieste, guardano da fuori ma decidono di tornare quando sarà completato. «Passavamo di qui e siamo venuti a vedere come è venuto. Certo, sbuca fuori un po' all'improvviso, ma lo scorcio dentro, verso l'Ara, è bellissimo. È un pochino estraneo a quanto c'è intorno, ma nell'insieme ci piace. Ci torneremo».
Nostalgici
«È un'opera bellissima, ma che non c'entra niente con questo posto, forse andava meglio all'Eur». Luciano Sansoni è nato a pochi metri da qui, a via Ripetta, e non digerisce ancora l'impatto. «Niente da dire sul Museo, Meier è un grande architetto. Ma tutti questi soldi era meglio spenderli per il Mausoleo e per la piazza, che hanno bisogno di essere sistemati. Così è una ferita in un'area che ha perso la sua identità. Forse quando sarà finito e la piazza sistemata sarà diverso».
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