Ara Pacis, primi segni di incuria
Paolo Brogi
CORRIERE DELLA SERA – Cronaca Roma, 03-MAG-2006
Danneggiato: è saltato un pezzo di travertino. Tra pedate e scalfitture già «segnata» l'Ara Pacis. Sporcato il bianco di Meier su parapetti e colonne
Bianco, bianchissimo, anzi sporco. La «teca» dell'Ara Pacis, a pochi giorni dalla sua apertura, mostra già vistosi segni di degrado. Il bianco immacolato e abbacinante delle strutture, così caro all'architetto Richard Meier, evidenzia macchie, scalfitture, segni di sporco e perfino, soprattutto nel piazzale esterno d'ingresso, parapetti ex candidi trasformati in una collezione visiva e imbarazzante di impronte di scarpe e quant'altro. Su una colonna esterna infine, proprio di fronte all'ingresso, una mano ha vergato a pennarello: «Bojata». Con la j, come usava una volta. Forse una mano di anziano, diversa da quelle più giovani che invece si sono limitate a segnalare sulla recinzione esterna in via Tomacelli pareri pro o contro, già segnalati nei giorni scorsi.
Peggio stanno le grandi colonne bianche all'interno, le tre del vestibolo e le quattro più alte intorno all'Ara: le prime, precedute da un vano tutto già scrostato di fronte al bookshop, mostrano segni neri in basso e a metà altezza (una, di fronte al pannello esplicativo, serve da appoggio ai lettori con le conseguenze del caso). Le altre quattro colonne, magniloquenti e massicce, ospitano non solo macchie e segni, ma anche scalfitture profonde.
Ma non è solo il bianco a mostrare le sue ferite, anche il travertino interno che accompagna cartongessi et similia fa già cilecca: nel pavimento, proprio sotto l'involucro dell'Ara Pacis un vistoso pezzo di marmo, all'altezza dell’angolo superiore sinistro della costruzione, giace distaccato dall’mpiantito e appoggiato sopra per coprire il buco. Poi, sempre a livello del pavimento, lato largo Augusto Imperatore, ecco tre estintori rossi stazionanti liberamente sull'impiantito. Sembrano appena abbandonati lì da qualcuno.
Appena aperta, l'Ara aveva subito mostrato quelle scritte esterne con i pareri, un fenomeno che continua. Le ultime del florilegio? «Brutto l'accesso, soffocante la copertura (travatura troppo e inutilmente) pesante, lati molto bene», scrive uno presumibilmente del mestiere. Altri più sbrigativi vergano: «Un autogrill», «La casella postale più costosa del mondo», «Meier assassino di Valadier», «Molti soldi per nulla...». Ma c'è anche chi risponde con un
icastico «Bello».
A proposito di queste scritte il vicesindaco Maria Pia Garaviglia nota: « Ildibattito sull'Ara Pacis, non ristretto a soli pochi intellettuali ma a tanti semplici cittadini, è un fenomeno nuovo e positivo che dimostra quanto le scelte di politica amministrativa e locale, sebbene abbiano un impatto addirittura internazionale, entrano nella vita di ognuno di noi, trasformando il nostro modo di partecipare il "pubblico". Alcuni hanno pensato di portare la discussione direttamente "in loco", imbrattando la recinzione esterna del cantiere per esprimere il loro giudizio sull'opera. Senz'altro è un modo originale di comunicare, ma assolutamente non positivo.Non sono fra quelli che considerano grafftttari e affini degli artisti incompresi. A Roma imbrattare significa danneggiare il patrimonio della città. Non è molto edificante pr un visitatore, italiano o
straniero...».
Il tema è vasto, le opinioni sono molteplici, la novità comunque c'è: appropriarsi di una zona «esterna», come in questo caso le recinzioni, per dire la propria. «In fondo questa è la città del Pasquino - ricorda l'architetto Renato Nicolini -. Queste scritte sono affascinanti. Ho sempre pensato a larghi spazi bianchi su cui dire la propria...». In questo caso sono servite allo scopo le recinzioni. Quello che capita invece dentro il monumento ha un altro nome: degrado. Quanto ai visitatori, Zetema che gestisce gli ingressi non fornisce dati. L'ufficio stampa dice di non disporre di dati ufficiali.
Paolo Brogi
CORRIERE DELLA SERA – Cronaca Roma, 03-MAG-2006
Danneggiato: è saltato un pezzo di travertino. Tra pedate e scalfitture già «segnata» l'Ara Pacis. Sporcato il bianco di Meier su parapetti e colonne
Bianco, bianchissimo, anzi sporco. La «teca» dell'Ara Pacis, a pochi giorni dalla sua apertura, mostra già vistosi segni di degrado. Il bianco immacolato e abbacinante delle strutture, così caro all'architetto Richard Meier, evidenzia macchie, scalfitture, segni di sporco e perfino, soprattutto nel piazzale esterno d'ingresso, parapetti ex candidi trasformati in una collezione visiva e imbarazzante di impronte di scarpe e quant'altro. Su una colonna esterna infine, proprio di fronte all'ingresso, una mano ha vergato a pennarello: «Bojata». Con la j, come usava una volta. Forse una mano di anziano, diversa da quelle più giovani che invece si sono limitate a segnalare sulla recinzione esterna in via Tomacelli pareri pro o contro, già segnalati nei giorni scorsi.
Peggio stanno le grandi colonne bianche all'interno, le tre del vestibolo e le quattro più alte intorno all'Ara: le prime, precedute da un vano tutto già scrostato di fronte al bookshop, mostrano segni neri in basso e a metà altezza (una, di fronte al pannello esplicativo, serve da appoggio ai lettori con le conseguenze del caso). Le altre quattro colonne, magniloquenti e massicce, ospitano non solo macchie e segni, ma anche scalfitture profonde.
Ma non è solo il bianco a mostrare le sue ferite, anche il travertino interno che accompagna cartongessi et similia fa già cilecca: nel pavimento, proprio sotto l'involucro dell'Ara Pacis un vistoso pezzo di marmo, all'altezza dell’angolo superiore sinistro della costruzione, giace distaccato dall’mpiantito e appoggiato sopra per coprire il buco. Poi, sempre a livello del pavimento, lato largo Augusto Imperatore, ecco tre estintori rossi stazionanti liberamente sull'impiantito. Sembrano appena abbandonati lì da qualcuno.
Appena aperta, l'Ara aveva subito mostrato quelle scritte esterne con i pareri, un fenomeno che continua. Le ultime del florilegio? «Brutto l'accesso, soffocante la copertura (travatura troppo e inutilmente) pesante, lati molto bene», scrive uno presumibilmente del mestiere. Altri più sbrigativi vergano: «Un autogrill», «La casella postale più costosa del mondo», «Meier assassino di Valadier», «Molti soldi per nulla...». Ma c'è anche chi risponde con un
icastico «Bello».
A proposito di queste scritte il vicesindaco Maria Pia Garaviglia nota: « Ildibattito sull'Ara Pacis, non ristretto a soli pochi intellettuali ma a tanti semplici cittadini, è un fenomeno nuovo e positivo che dimostra quanto le scelte di politica amministrativa e locale, sebbene abbiano un impatto addirittura internazionale, entrano nella vita di ognuno di noi, trasformando il nostro modo di partecipare il "pubblico". Alcuni hanno pensato di portare la discussione direttamente "in loco", imbrattando la recinzione esterna del cantiere per esprimere il loro giudizio sull'opera. Senz'altro è un modo originale di comunicare, ma assolutamente non positivo.Non sono fra quelli che considerano grafftttari e affini degli artisti incompresi. A Roma imbrattare significa danneggiare il patrimonio della città. Non è molto edificante pr un visitatore, italiano o
straniero...».
Il tema è vasto, le opinioni sono molteplici, la novità comunque c'è: appropriarsi di una zona «esterna», come in questo caso le recinzioni, per dire la propria. «In fondo questa è la città del Pasquino - ricorda l'architetto Renato Nicolini -. Queste scritte sono affascinanti. Ho sempre pensato a larghi spazi bianchi su cui dire la propria...». In questo caso sono servite allo scopo le recinzioni. Quello che capita invece dentro il monumento ha un altro nome: degrado. Quanto ai visitatori, Zetema che gestisce gli ingressi non fornisce dati. L'ufficio stampa dice di non disporre di dati ufficiali.
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