Dietro l'Ara Pacis la pace strategica firmata Mecenate
Adele Cambria
l'Unità 10/5/2006
Visita (e rivelazioni) sul monumento voluto da Augusto con l'archeologo Bemard Andreae
Confesso che non avevo mai visitato l'Ara Pacis, prima. Non mi attraeva quel parallelepido dalla enigmatica lettura che non mi sentivo preparata ad affrontare: e per di più contenuto in una teca resa fosca dagli anni e dalla negligenza della manutenzione. La bellezza di Roma lì, per me, non c'era. O almeno non più, dopo la strage ordita dal piano urbanistico quinquennale proclamato da Benito Mussolini fin dal 1926: «Farete largo intorno all'Augusteo, al Teatro Marcello, al Campidoglio, al Pantheon. Tutto ciò che vi crebbe intorno nei secoli della decadenza deve scomparire: tra cinque anni Roma deve apparire come fu ai tempi d'Augusto». Eccolo, anche lui, Ottaviano Augusto, mi stava antipatico, cosi d'istinto, per la sua freddezza contrapposta alla passionalità di Marcantonio, per il suo moralistico e punitivo disprezzo per le figure femminili più indipendenti: l'unica figlia, Giulia, esiliata col pretesto dei suoi amori, il gelido odio dedicato a Cleopatra... Ebbene, ho finalmente visto l'Ara Pacis qualche giorno fa, sollecitata dal grecista Benedetto Marzullo: che definisce «entusiasmante» l'opera tanto discussa di Riccardo Meier, e mi affida, per la visita del monumento misterioso, all'archeologo tedesco Bernard Andreae, già direttore dell'Istituto Germanico, ed ormai «assimilato» a quella Roma che continua ad esplorare non solo nella sua storia archeologica più antica, ma, in parallelo, nella sua storia politica. E comincerò dalla lettura che Bernard Andreae mi fa dell'Ara Pacis, e dei personaggi-chiave della Storia che il monumento racconta: nonostante le vicende del suo avventuroso e mutilo recupero, proluntgatosi dal 1566 ad oggi, e seguito ai 15 secoli di silenzio in cui dell'Ara s'era persa pure la memoria. Scriveva Augusto nelle Res Gestae: «Quando tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia... portate felicemente a termine le imprese in quelle province, il Senato decretò che si dovesse consacrare un'ara alla Pace Augustea nel Campo Marzio e ordinò che in essa i magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero ogni anno un sacrificio». Il Senato decise la costruzione dell'Ara Pacis il 4 luglio del 13 a.C. Bernard Andreae mi spiega le ragioni di quella scelta, ed a quale dei consiglieri del Princeps debba essere attribuita. «Augusto aveva condotto una dopo l'altra cinque guerre fondamentali contro i suoi rivali interni: Marcantonio, Bruto e Cassio, Fulvia, un personaggio femminile ingiustamente trascurato dagli storici, prima moglie di Marcantonio, ma provvista di un esercito pacificazione. In quell'anno, secondo lo storico Cassio Dione, si tenne a Roma un Concilio tra Ottaviano, Agrippa - suo genero e grande artefice delle vittorie militari della Roma augustea - ed un terzo personaggio straordinario, letterato e poeta egli stesso... «E a lui, a Mecenate, che si deve la strategia della pacificazione augustea. Mecenate propone innanzitutto l'attribuzione ad Ottaviano Augusto del titolo di Princeps, e quindi la legittimazione mitica del Princeps e della gens Julia con un poema affidato a Virgilio. E suo personale...». Ottaviano Augusto muove guerra, ancora, contro Sesto Pompeo in Sicilia, e lo sconfigge a Naulochos. Ed infine, nel 31 a,C. il naufragio della flotta egiziana di Cleopatra ad Azio segna la fine del sogno della regina e di Marcantonio, suo marito, di stabilire sulle rive meridionali del Mediterraneo un contraltare alla potenza di Roma. Entrambi si suicideranno. Ma Cleopatra forse no, suggerisce il Professore... E mi svela anche il «gesto sacrilego» di Ottaviano Augusto, quando, Marcantonio ancora vivente, si fece consegnare dalle vestali il testamento in cui il rivale aveva scritto di voler essere sepolto ad Alessandria. Ottaviano se ne servi per legittimare la sua guerra contro «il traditore di Roma».
«Nel ‘30 a.C., dunque - conclude Andreae - Ottaviano Augusto è il signore del mondo. Non ha più nemici interni, ma ha bisogno di quella che sarà la meravigliosa epopea dell' Eneide, ancora incompiuta alla morte del suo autore - nel 19 a.C.ma che Augusto non esita a rendere pubblica, nonostante la volontà contraria dell'autore. Ed infine la celebrazione delle virtù della pace romana viene suggerita ad un altro poeta, Orazio, a cui il consigliere era legato da generosa amicizia: nasce così, nel 17 a.C il «Carmen saeculare». Alla relazione tra Augusto e Mecenate, Bernard Andreae ha dedicato anni di ricerche. «Del consigliere del Principe ci sono pervenuti soltanto 19 versi. E possibile che si sia trattato di una censura, Mecenate era un filosofo epicureo, avversato dallo stoico Seneca. Ma ora andiamo a vedere l'Ara, e le prometto delle sorprese...». I cipressi affusolati del Mausoleo d'Augusto si specchiano nei cristalli di Meier, attraverso le pareti trasparenti il fogliame dei platani del Lungotevere crea l'illusione di quel boco sacro che insieme all'obelisco di Heliopolis, in parte ricostruito in piazza Montecitorio, e alla sua meridiana segnava l'immenso spazio esterno dedicato all'Ara Pacis.
Ed ecco che, tra la folla dei personaggi della ricca decorazione dell'altare - «Tutto di fattura orientale, del Maestro di Afrodisia e della sua scuola...» - l'archeologo me ne indica uno: il profilo amaro di un venerabile anziano coronato d'alloro, in cui lo studioso è ormai certo si possa riconoscere il ritratto di Mecenate. Ne sapremo di più il 7 giugno, quando la Mostra da lui curata, e dedicata al consigliere del Principe - cui Augusto rubò anche la moglie, la bella Terenzia - sarà inaugurata a Villa Massimo. Intanto, varcata la soglia di questo enorme scatolone bianco, mi ritrovo in un acquario di luce nuvole e fantasmi arborei, (ma perchè Meier non si è limitato al cristallo e al travertino?), e posso finalmente godermi l'Ara Pacis. Oltre la sua storia politica anche la Bellezza; specie nel pannello della «Saturnia Tellus»: che potrebbe anchè essere la Pax fruttifera di lattanti, spighe, melograni e bestie mansuete... O, perchè no, Venere genitrice. In fondo era lei la madre di Enea!
Adele Cambria
l'Unità 10/5/2006
Visita (e rivelazioni) sul monumento voluto da Augusto con l'archeologo Bemard Andreae
Confesso che non avevo mai visitato l'Ara Pacis, prima. Non mi attraeva quel parallelepido dalla enigmatica lettura che non mi sentivo preparata ad affrontare: e per di più contenuto in una teca resa fosca dagli anni e dalla negligenza della manutenzione. La bellezza di Roma lì, per me, non c'era. O almeno non più, dopo la strage ordita dal piano urbanistico quinquennale proclamato da Benito Mussolini fin dal 1926: «Farete largo intorno all'Augusteo, al Teatro Marcello, al Campidoglio, al Pantheon. Tutto ciò che vi crebbe intorno nei secoli della decadenza deve scomparire: tra cinque anni Roma deve apparire come fu ai tempi d'Augusto». Eccolo, anche lui, Ottaviano Augusto, mi stava antipatico, cosi d'istinto, per la sua freddezza contrapposta alla passionalità di Marcantonio, per il suo moralistico e punitivo disprezzo per le figure femminili più indipendenti: l'unica figlia, Giulia, esiliata col pretesto dei suoi amori, il gelido odio dedicato a Cleopatra... Ebbene, ho finalmente visto l'Ara Pacis qualche giorno fa, sollecitata dal grecista Benedetto Marzullo: che definisce «entusiasmante» l'opera tanto discussa di Riccardo Meier, e mi affida, per la visita del monumento misterioso, all'archeologo tedesco Bernard Andreae, già direttore dell'Istituto Germanico, ed ormai «assimilato» a quella Roma che continua ad esplorare non solo nella sua storia archeologica più antica, ma, in parallelo, nella sua storia politica. E comincerò dalla lettura che Bernard Andreae mi fa dell'Ara Pacis, e dei personaggi-chiave della Storia che il monumento racconta: nonostante le vicende del suo avventuroso e mutilo recupero, proluntgatosi dal 1566 ad oggi, e seguito ai 15 secoli di silenzio in cui dell'Ara s'era persa pure la memoria. Scriveva Augusto nelle Res Gestae: «Quando tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia... portate felicemente a termine le imprese in quelle province, il Senato decretò che si dovesse consacrare un'ara alla Pace Augustea nel Campo Marzio e ordinò che in essa i magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero ogni anno un sacrificio». Il Senato decise la costruzione dell'Ara Pacis il 4 luglio del 13 a.C. Bernard Andreae mi spiega le ragioni di quella scelta, ed a quale dei consiglieri del Princeps debba essere attribuita. «Augusto aveva condotto una dopo l'altra cinque guerre fondamentali contro i suoi rivali interni: Marcantonio, Bruto e Cassio, Fulvia, un personaggio femminile ingiustamente trascurato dagli storici, prima moglie di Marcantonio, ma provvista di un esercito pacificazione. In quell'anno, secondo lo storico Cassio Dione, si tenne a Roma un Concilio tra Ottaviano, Agrippa - suo genero e grande artefice delle vittorie militari della Roma augustea - ed un terzo personaggio straordinario, letterato e poeta egli stesso... «E a lui, a Mecenate, che si deve la strategia della pacificazione augustea. Mecenate propone innanzitutto l'attribuzione ad Ottaviano Augusto del titolo di Princeps, e quindi la legittimazione mitica del Princeps e della gens Julia con un poema affidato a Virgilio. E suo personale...». Ottaviano Augusto muove guerra, ancora, contro Sesto Pompeo in Sicilia, e lo sconfigge a Naulochos. Ed infine, nel 31 a,C. il naufragio della flotta egiziana di Cleopatra ad Azio segna la fine del sogno della regina e di Marcantonio, suo marito, di stabilire sulle rive meridionali del Mediterraneo un contraltare alla potenza di Roma. Entrambi si suicideranno. Ma Cleopatra forse no, suggerisce il Professore... E mi svela anche il «gesto sacrilego» di Ottaviano Augusto, quando, Marcantonio ancora vivente, si fece consegnare dalle vestali il testamento in cui il rivale aveva scritto di voler essere sepolto ad Alessandria. Ottaviano se ne servi per legittimare la sua guerra contro «il traditore di Roma».
«Nel ‘30 a.C., dunque - conclude Andreae - Ottaviano Augusto è il signore del mondo. Non ha più nemici interni, ma ha bisogno di quella che sarà la meravigliosa epopea dell' Eneide, ancora incompiuta alla morte del suo autore - nel 19 a.C.ma che Augusto non esita a rendere pubblica, nonostante la volontà contraria dell'autore. Ed infine la celebrazione delle virtù della pace romana viene suggerita ad un altro poeta, Orazio, a cui il consigliere era legato da generosa amicizia: nasce così, nel 17 a.C il «Carmen saeculare». Alla relazione tra Augusto e Mecenate, Bernard Andreae ha dedicato anni di ricerche. «Del consigliere del Principe ci sono pervenuti soltanto 19 versi. E possibile che si sia trattato di una censura, Mecenate era un filosofo epicureo, avversato dallo stoico Seneca. Ma ora andiamo a vedere l'Ara, e le prometto delle sorprese...». I cipressi affusolati del Mausoleo d'Augusto si specchiano nei cristalli di Meier, attraverso le pareti trasparenti il fogliame dei platani del Lungotevere crea l'illusione di quel boco sacro che insieme all'obelisco di Heliopolis, in parte ricostruito in piazza Montecitorio, e alla sua meridiana segnava l'immenso spazio esterno dedicato all'Ara Pacis.
Ed ecco che, tra la folla dei personaggi della ricca decorazione dell'altare - «Tutto di fattura orientale, del Maestro di Afrodisia e della sua scuola...» - l'archeologo me ne indica uno: il profilo amaro di un venerabile anziano coronato d'alloro, in cui lo studioso è ormai certo si possa riconoscere il ritratto di Mecenate. Ne sapremo di più il 7 giugno, quando la Mostra da lui curata, e dedicata al consigliere del Principe - cui Augusto rubò anche la moglie, la bella Terenzia - sarà inaugurata a Villa Massimo. Intanto, varcata la soglia di questo enorme scatolone bianco, mi ritrovo in un acquario di luce nuvole e fantasmi arborei, (ma perchè Meier non si è limitato al cristallo e al travertino?), e posso finalmente godermi l'Ara Pacis. Oltre la sua storia politica anche la Bellezza; specie nel pannello della «Saturnia Tellus»: che potrebbe anchè essere la Pax fruttifera di lattanti, spighe, melograni e bestie mansuete... O, perchè no, Venere genitrice. In fondo era lei la madre di Enea!
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