Con l'Ara Pacis Meier ha creato un nonluogo nel centro del luogo eterno
Camillo Langone
Il Foglio 05-05-2006
L'accusa più grave contro il mondo moderno è la sua architettura, ha scritto Nicolàs Gémez Dàvila, l'accusa più infamante contro Rutelli e Veltroni è l'Ara Pacis. Il nuovo ecomostro sul lungotevere testimonia la debolezza culturale di almeno un paio di sindaci romani. I palazzoni di Punta Perotti a Bari erano nulla in confronto, infatti i Matarrese, che pure hanno fama di grezzi, dimostrarono un certo garbo evitando di costruirli a pochi metri da San Nicola. Qui invece si edifica a pochi centimetri da San Rocco ovvero da Giuseppe Valadier, il sommo accordatore di armonie romane, vedi piazza del Popolo. A Rutelli collotorto nessuno in Vaticano ha detto che queste cose non si fanno, che ai santi si deve rispetto. E certo, a Roma il più pulito ha la rogna e tutti quanti tengono in grande considerazione Richard Meier. Nel corso di una crisi mimetica che per spiegarla ci vorrebbe René Girard, lo stesso architetto americano è stato chiamato dai preti per seppellire Cristo in una chiesa (la cosiddetta chiesa di Tor Tre Teste), dai politici per intombare Augusto in uno scatolone che Vittorio Sgarbi ha definito Bara Pacis e che merita guerra fino al suo abbattimento. Nel primo caso Meier non ha colpa: è ebreo, non crede alla divinità di Cristo e non sapeva quello che faceva costruendo una chiesa aniconica non quanto una moschea o una sinagoga (che lì almeno mettono dei ghirigori), di più, quanto un garage, in violazione di duemila anni di estetica e liturgia cattolica. Un disastro teologico in forma di capolavorino per studentesse di architettura, pareti bianche dove l'anima contempla se stessa (ovvio che le studentesse di architettura, anoressiche e narcise e buddizzanti, gradiscano). E su Tor Tre Teste la finisco qui, autocensura, non si chieda a un papalino di dire pubblicamente ciò che pensa di monsignor Ruini che ha gettato il denaro delle offerte domenicali dei fedeli in questa costosissima lavatrice a gettone. Torniamo all'Ara Pacis o meglio al suo invadente involucro. In questo caso Meier oltre a distruggere il precedente edificio di Vittorio Morpurgo, che non era stupendo ma essendo più piccolo faceva meno danno, è riuscito, re Mida al contrario, a trasformare un luogo in un nonluogo. Tor Tre Teste è una borgata periferica, difficile peggiorarla, ma piazza Augusto Imperatore è piazza Augusto Imperatore, lo dice anche il nome. Il fatto che in passato l'urbanista Mussolini ci sia andato con la mano pesante non doveva autorizzare nessuno a calpestarla di nuovo (da quando in qua il Puzzone è un precedente da far valere?). Dove non arrivano buon senso e buon gusto, dovrebbero arrivare le buone letture. Ma Rutelli gioca a golf e Veltroni scrive prefazioni, nessuno dei due ha il tempo di dare un'occhiata a Marc Augé. che pure scrive libri striminziti. Mai sentito nominare “Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità"? Possibile che nessun famulo si sia presa la bnga di evidenziare in giallo le righe essenziali dello studioso francese, per poi passarle ai capi indaffarati? Dicesi nonluogo quello spazio organizzato che può stare da qualunque parte, mare, montagna, città, campagna, Europa, America, Africa, Plutone. Sono nonluoghi i supermercati e gli autogrill, gli aeroporti e i parcheggi multipiano, luoghi di passaggio uguali in tutto il mondo, privi di identità e poveri di umanità. Finché un autogrill viene collocato su un'autostrada nulla da eccepire, ma quando lo si pianta nel cuore della Città Eterna i fatui committenti meritano la damnatio memoriae. “Chi è sradicato, sradica” ha scritto Simone Weil. La nuova Ara Pacis è un colossale sradicatore di storia e un applaudito tritasenso perché Richard Meier, come ogni geometra internazionale che si rispetti, esegue lo stesso straniante compitino in tutto il mondo. Con risultati diversi: se Rarbor Springs, Michigan, ha qualcosa da guadagnare nel somigliare a Roma, Roma ha tutto da perdere nel somigliare ad Ilarbor Springs, Michigan. Chi attacca Meier viene accusato di passatismo quando è uno studioso che anagraficamente potrebbe esserne il nipote, Giuliano da Empoli, a svelare l'idiozia della genuflessione indigena verso i picconatori anglofoni: “Il core business italiano è rappresentato dalla conservazione. Nella distribuzione globale del lavoro, l'Italia è sempre più il luogo nel quale chi lavora in luoghi innovativi, i trader di Houston e di Kuala Lumpur, vuole venire a passare un paio di weekend immersi nella bellezza e nel savoir-vivre”. Pertanto la nuova Ara Pacis deve essere distrutta.
Camillo Langone
Il Foglio 05-05-2006
L'accusa più grave contro il mondo moderno è la sua architettura, ha scritto Nicolàs Gémez Dàvila, l'accusa più infamante contro Rutelli e Veltroni è l'Ara Pacis. Il nuovo ecomostro sul lungotevere testimonia la debolezza culturale di almeno un paio di sindaci romani. I palazzoni di Punta Perotti a Bari erano nulla in confronto, infatti i Matarrese, che pure hanno fama di grezzi, dimostrarono un certo garbo evitando di costruirli a pochi metri da San Nicola. Qui invece si edifica a pochi centimetri da San Rocco ovvero da Giuseppe Valadier, il sommo accordatore di armonie romane, vedi piazza del Popolo. A Rutelli collotorto nessuno in Vaticano ha detto che queste cose non si fanno, che ai santi si deve rispetto. E certo, a Roma il più pulito ha la rogna e tutti quanti tengono in grande considerazione Richard Meier. Nel corso di una crisi mimetica che per spiegarla ci vorrebbe René Girard, lo stesso architetto americano è stato chiamato dai preti per seppellire Cristo in una chiesa (la cosiddetta chiesa di Tor Tre Teste), dai politici per intombare Augusto in uno scatolone che Vittorio Sgarbi ha definito Bara Pacis e che merita guerra fino al suo abbattimento. Nel primo caso Meier non ha colpa: è ebreo, non crede alla divinità di Cristo e non sapeva quello che faceva costruendo una chiesa aniconica non quanto una moschea o una sinagoga (che lì almeno mettono dei ghirigori), di più, quanto un garage, in violazione di duemila anni di estetica e liturgia cattolica. Un disastro teologico in forma di capolavorino per studentesse di architettura, pareti bianche dove l'anima contempla se stessa (ovvio che le studentesse di architettura, anoressiche e narcise e buddizzanti, gradiscano). E su Tor Tre Teste la finisco qui, autocensura, non si chieda a un papalino di dire pubblicamente ciò che pensa di monsignor Ruini che ha gettato il denaro delle offerte domenicali dei fedeli in questa costosissima lavatrice a gettone. Torniamo all'Ara Pacis o meglio al suo invadente involucro. In questo caso Meier oltre a distruggere il precedente edificio di Vittorio Morpurgo, che non era stupendo ma essendo più piccolo faceva meno danno, è riuscito, re Mida al contrario, a trasformare un luogo in un nonluogo. Tor Tre Teste è una borgata periferica, difficile peggiorarla, ma piazza Augusto Imperatore è piazza Augusto Imperatore, lo dice anche il nome. Il fatto che in passato l'urbanista Mussolini ci sia andato con la mano pesante non doveva autorizzare nessuno a calpestarla di nuovo (da quando in qua il Puzzone è un precedente da far valere?). Dove non arrivano buon senso e buon gusto, dovrebbero arrivare le buone letture. Ma Rutelli gioca a golf e Veltroni scrive prefazioni, nessuno dei due ha il tempo di dare un'occhiata a Marc Augé. che pure scrive libri striminziti. Mai sentito nominare “Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità"? Possibile che nessun famulo si sia presa la bnga di evidenziare in giallo le righe essenziali dello studioso francese, per poi passarle ai capi indaffarati? Dicesi nonluogo quello spazio organizzato che può stare da qualunque parte, mare, montagna, città, campagna, Europa, America, Africa, Plutone. Sono nonluoghi i supermercati e gli autogrill, gli aeroporti e i parcheggi multipiano, luoghi di passaggio uguali in tutto il mondo, privi di identità e poveri di umanità. Finché un autogrill viene collocato su un'autostrada nulla da eccepire, ma quando lo si pianta nel cuore della Città Eterna i fatui committenti meritano la damnatio memoriae. “Chi è sradicato, sradica” ha scritto Simone Weil. La nuova Ara Pacis è un colossale sradicatore di storia e un applaudito tritasenso perché Richard Meier, come ogni geometra internazionale che si rispetti, esegue lo stesso straniante compitino in tutto il mondo. Con risultati diversi: se Rarbor Springs, Michigan, ha qualcosa da guadagnare nel somigliare a Roma, Roma ha tutto da perdere nel somigliare ad Ilarbor Springs, Michigan. Chi attacca Meier viene accusato di passatismo quando è uno studioso che anagraficamente potrebbe esserne il nipote, Giuliano da Empoli, a svelare l'idiozia della genuflessione indigena verso i picconatori anglofoni: “Il core business italiano è rappresentato dalla conservazione. Nella distribuzione globale del lavoro, l'Italia è sempre più il luogo nel quale chi lavora in luoghi innovativi, i trader di Houston e di Kuala Lumpur, vuole venire a passare un paio di weekend immersi nella bellezza e nel savoir-vivre”. Pertanto la nuova Ara Pacis deve essere distrutta.
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